Approfondimenti Contrattualistica d'impresa

Crypto asset, diritto d’autore e proprietà industriale: sfide e opportunità della creazione digitale

I crypto asset, o asset digitali crittografici, sono risorse digitali che utilizzano tecniche di crittografia per garantire transazioni sicure e per controllare la creazione di nuove unità entità digitali. Questi asset possono includere criptovalute come Bitcoin ed Ethereum, ma anche altre tipologie di risorse digitali basate sulla blockchain o su altre tecnologie di registro distribuito (DLT, Distributed Ledger Technology). Queste possono dividersi in: 1.   Criptovalute: Monete digitali progettate per funzionare come mezzo di scambio. Le più note sono Bitcoin (BTC) ed Ethereum (ETH). Le criptovalute sono decentralizzate, il che significa che non sono controllate da una singola entità, ma funzionano su una rete di nodi distribuiti, la blickchain appunto. 2.   Token: Risorse digitali che rappresentano asset o utilità specifiche all’interno di un ecosistema di blockchain. Questi asset hanno un valore all’interno di un ecosistema, un contesto individuato, e possono dividersi in:        •   Utility Token: Usati per accedere a un prodotto o servizio all’interno di una piattaforma specifica. Più eterei rispetto ai fratelli di seguito richiamati perché vincolati ad un ecosistema artificiale. Un esempio è il token BNB di Binance.        •   Security Token: Rappresentano una partecipazione in un’attività o azienda e sono soggetti a regolamentazioni finanziarie simili ai titoli tradizionali. Il nome, in questo caso, è sinonimo di una maggior sicurezza conferita dalla tangibilità dell’asset di riferimento che in termini giuridici costituisce una sorta di provvista.        •   Stablecoin: Allo stesso modo, sono criptovalute il cui valore è ancorato a un asset monetario stabile, come il dollaro USA o l’oro, per ridurre la volatilità. Un esempio è Tether (USDT). 3.   NFT (Non-Fungible Token): Token unici che rappresentano la proprietà di un oggetto digitale unico, come arte, musica, giochi o altri tipi di media digitali. Sono molto utilizzati nel mercato delle crypto asset in quanto costituiscono un riflesso, ed anzi un’amplificazione di una realtà inventiva ed artistica che praticamente non ha più confini e limiti materiali. I fattori comuni a tutti i crypto asset, quindi, riguardano: la decentralizzazione, riducendo la necessità di intermediari centralizzati come banche o governi; in maniera controintuitiva, la sicurezza conferita dalla crittografia avanzata che protegge le transazioni e le informazioni personali; la trasparenza delle transazioni che sono generalmente registrate su un registro pubblico (blockchain), rendendole trasparenti e verificabili; l’accessibilità, in quanto gli asset possono essere acquistati, venduti e scambiati a livello globale, offrendo accesso ai mercati finanziari anche a chi non ha accesso ai servizi bancari tradizionali. I crypto asset stanno rivoluzionando vari settori del commercio e dei mercati mondiali tra cui la finanza, l’arte, i giochi ed in generale estendono il concetto di proprietà tout court, offrendo nuove opportunità ma anche presentando rischi significativi legati alla volatilità, alla sicurezza e alla regolamentazione. Sotto un profilo strettamente legato alla tutela degli asset aziendali di proprietà industriale, e del diritto d’autore, l’adozione della tecnologia blockchain e dei crypto assets, consente la registrazione temporale e la verifica dell’origine dei dati e dei prodotti, offrendo una maggiore protezione contro la contraffazione. La tracciabilità tramite blockchain permette ai titolari di marchi di monitorare la distribuzione dei prodotti, riducendo perdite e importazioni parallele. I certificati blockchain, che forniscono informazioni dettagliate sui prodotti, aiutano i consumatori a distinguere tra autentico e falso, facilitando una protezione legale rapida ed efficace contro contraffattori e usi impropri dei dati personali. Capita sempre più spesso, poi, che artisti o proprietari digitali, volenterosi di entrare nel mercato degli NFT, realizzino delle opere digitali – che vengono poi registrate tramite NFT garantiti dalla tecnologia blockchain – talvolta ispirate a, se non addirittura mere riproduzioni di, oggetti frutto dell’attività intellettuale o industriale esistenti.  E Quindi, così come gli oggetti prodotti dal frutto dell’inventiva e dell’attività intellettuale sono considerati opere d’arte od opere di proprietà intellettuale, e come tali tutelati secondo le rispettive normative della legge sul Diritto d’Autore e del Codice della proprietà industriale, è opportuno porre l’attenzione sui nuovi sviluppi del fenomeno dei crypto assets, in modo da garantire una effettiva tutela agli investimenti ed agli sforzi realizzati dall’autore e dal proprietario del patrimonio industriale. La creazione di una versione digitale di un oggetto di design protetto come opera dell’ingegno può costituire una rielaborazione dell’opera stessa. Questo avviene perché, pur riconoscendo il contributo artistico dell’artista digitale, l’oggetto di design originale rimane riconoscibile nell’NFT in tutti i suoi elementi. Pertanto, un artista digitale o un’azienda che desidera commissionare la creazione di crypto assets che riproducano (e non semplicemente si ispirino a) oggetti protetti dal diritto d’autore deve necessariamente ottenere l’autorizzazione preventiva dal titolare dei diritti di sfruttamento economico e di elaborazione dell’oggetto di design. Le considerazioni svolte, impongono un’integrazione e talvolta una revisione delle attività di tutela del patrimonio aziendale identificabile nei prodotti derivanti dall’ingegno e dall’inventiva, oltre che degli investimenti, dei proprietari e del frutto dell’arte degli autori, che al tempo stesso deve coinvolgere istituzioni (con una regolamentazione precisa e consapevole del mercato dei crypto assests) ma anche del privato che deve necessariamente intervenire nelle fasi di commercializzazione e sviluppo delle prospettive economiche delle proprie opere, a tutela preventiva da potenziali contraffazioni che possano approfittare del frutto del proprio lavoro. Eventualmente, provvedendo a registrare e proteggere il proprio marchio o il proprio design relativamente a beni virtuali, a beni virtuali od a crypto assets. Infatti, a seguito delle numerose richieste ricevute da coloro che desiderano registrare marchi per beni virtuali e/o NFT, l’EUIPO ha fornito maggiori dettagli sugli approcci adottati dall’Ufficio per classificare tali marchi. Inizialmente, queste informazioni sono state comunicate attraverso note e indicazioni incluse nelle nuove linee guida preliminari, con ulteriori dettagli forniti nelle linee guida definitive. Questo intervento è stato fatto in anticipazione dell’entrata in vigore della 12ª edizione della Classificazione di Nizza il 1° gennaio 2023, che è essenziale per la scelta delle categorie appropriate quando si registra un marchio, specialmente per prodotti e servizi relativi al metaverso, che fino ad allora mancavano di indicazioni specifiche. Tuttavia, l’EUIPO ha sottolineato che l’indicazione generica dei termini “prodotti scaricabili”, “prodotti virtuali” o “non fungible tokens” nella classificazione dei prodotti e servizi della classe 9 non è sufficientemente chiara e precisa. Di conseguenza, chiede ai titolari dei marchi di specificare il contenuto esatto dei prodotti virtuali o il tipo di prodotto autenticato da NFT. Questa precisazione è necessaria poiché i termini standard della Classificazione di Nizza non forniscono informazioni dettagliate sul tipo specifico di prodotto o servizio che si intende proteggere nel contesto digitale e virtuale. Nelle linee guida, l’EUIPO propone esempi di termini più dettagliati e precisi, come “prodotti virtuali scaricabili, ovvero pelletteria virtuale”, “prodotti scaricabili, come file multimediali scaricabili” o “arte digitale scaricabile, autenticata da un NFT”. Inoltre, l’EUIPO specifica che i servizi relativi ai prodotti virtuali o scaricabili, nonché i servizi forniti online o in ambienti virtuali, devono essere classificati considerando la loro natura e il loro impatto nel mondo reale. Ciò implica che la registrazione dei marchi non deve limitarsi alla sola classe 9, ma richiede un’attenta valutazione delle finalità dei beni virtuali e dei crypto assets per determinare le classi appropriate da rivendicare. In risposta all’esigenza di valutare, verificare ed in qualche modo disciplinare il fenomeno, quindi l’Unione Europea ha iniziato a munirsi di strumenti che evidentemente hanno lo scopo di promuovere l’innovazione proteggendo, al tempo stesso, sia i consumatori che i partecipanti, sotto vario ruolo, al mercato dei crypto assets, ancorchè riflesso al mercato comune. Sotto questo punto di vista, quindi, si impone un rinnovato approccio proteso ad una tutela della proprietà industriale e del diritto d’autore che, parallelamente allo sviluppo del fenomeno dell’universo digitale, evolve assieme ad esso. Avv. Niccolò Vanzi
Approfondimenti Consulenza societaria - contrattualistica d'impresa Contrattualistica d'impresa News

La Direttiva CSRD: Corporate Sustainability Reporting Directive.

La direttiva CSRD sul reporting di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive) è una nuova e importante normativa europea che impone alle aziende dell’UE di rendicontare diversi aspetti della sostenibilità, tra cui ambiente, diritti umani e corporate governance. La CSRD, è stata pubblicata il 16 dicembre 2022 ed è in vigore dal 5 gennaio 2023, con l’obbiettivo di migliorare la trasparenza delle imprese riguardo agli impatti ambientali, sociali e di governance attraverso obblighi di reporting rafforzati. Gli Stati membri devono recepire la CSRD entro il 6 luglio 2024. I destinatari della CSRD, sono i seguenti:  Dal 1° gennaio 2024: per le grandi imprese e per le imprese madri di grandi gruppi con oltre 500 dipendenti (anche su base consolidata) che sono enti di interesse pubblico, ossia per i soggetti già tenuti all’obbligo di pubblicare la dichiarazione non finanziaria ai sensi del regime previgente;1° gennaio 2025: per tutte le grandi imprese e società madri di grandi gruppi diverse da quelle di cui al punto precedente;1° gennaio 2026: per le piccole e medie imprese con strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati, enti creditizi piccoli e non complessi, e le imprese di assicurazione captive e le imprese di riassicurazione captive;1° gennaio 2028: per imprese di paesi terzi. Il principio su cui si fonda la rendicontazione CSRD deve soddisfare lo standard di doppia materialità. Ciò significa che le organizzazioni devono riferire su entrambi i seguenti fattori: Materialità dell’impatto: l’impatto che le loro attività hanno o potrebbero avere su questioni di sostenibilità;Materialità finanziaria: l’impatto che le questioni di sostenibilità hanno o potrebbero avere sulle finanze dell’organizzazione. La maggior parte delle organizzazioni conduce una doppia valutazione di materialità come primo passo verso la conformità alla CSRD. Per applicare la direttiva predisporre gli strumenti per il monitoraggio e la misurazione dei fattori Prima di tutto la CSRD prevede che determinate tipologie di aziende, siano tenute a pubblicare un documento, redatto secondo standard riconosciuti, che riporti una serie di dati non finanziari che rispecchiano il suo impatto ambientale e sociale e le attività poste in essere per migliorare questo impatto. Sostanzialmente le imprese dovranno inserire il report per la sostenibilità nella relazione finanziaria annuale. Tale report, a titolo esemplificativo, dovrà includere informazioni su come il modello di business di una società influisce sulla sua sostenibilità e su come i fattori esterni, quali i cambiamenti climatici o le questioni relative ai diritti umani, influenzano le sue attività (principio doppia materialità). Ad esempio, gli indicatori riguarderanno le emissioni di gas, il consumo di acqua e la produzione di rifiuti; così come la parità di trattamento per tutti i dipendenti, le condizioni di lavoro e il rispetto dei diritti umani. I dati sulle impronte ambientali e sociali saranno disponibili al pubblico, il che significa che chiunque sia interessato a tali informazioni vi potrà accedere: i nuovi requisiti e la logica della trasparenza renderanno un numero maggiore di imprese responsabili del loro impatto sulla società, guidandole verso un’economia a vantaggio delle persone e dell’ambiente. Le imprese dovranno far attestare la conformità della rendicontazione di sostenibilità da un revisore legale o un’impresa di revisione contabile, secondo un processo che acquisisca un livello di sicurezza limitata, evolvendo verso un livello di sicurezza ragionevole. La CSRD impone agli Stati membri dell’UE di fare riferimento a un ente investigativo e di conformità che imponga sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Le sanzioni si basano su diversi fattori, tra cui la gravità e la durata delle violazioni e la situazione finanziaria dell’azienda. I singoli stati membri determinano le sanzioni per la mancata conformità al CSRD in base alle leggi statali pertinenti. Tutte le aziende devono tenersi aggiornate su eventuali modifiche legislative e di ottenere una consulenza legale per garantire la conformità ed evitare indagini e potenziali sanzioni. La vigilanza sulla conformità è assegnata alla Consob per le società quotate e non prevede ulteriori vigilanze per le società non quotate. Il regime sanzionatorio sarà adeguato all’ampliamento degli obblighi di rendicontazione, tenendo conto della dimensione dell’impresa e della complessità delle informazioni richieste.
Approfondimenti Contrattualistica d'impresa News Non categorizzato

Il Regolamento Europeo sull’intelligenza artificiale

Il 13 marzo 2024 è stato approvato dal Parlamento europeo il Regolamento Europeo sull’intelligenza artificiale (AI ACT). L’AI Act è il primo tentativo globale di regolare in modo completo e specifico l’uso dell’IA in una vasta gamma di settori, garantendo al contempo la sicurezza dei cittadini europei e la promozione dell’innovazione tecnologica. Si prevede che questo regolamento abbia un impatto significativo su aziende, organizzazioni e istituzioni che sviluppano e utilizzano sistemi di intelligenza artificiale. Il nuovo Regolamento si applicherà a tutti i soggetti pubblici e privati che producono strumenti con tecnologia di intelligenza artificiale rivolti al mercato europeo. Il regolamento riguarda sia i fornitori che gli utilizzatori dei sistemi a intelligenza artificiale. Gli acquirenti dovranno assicurarsi che il prodotto comprato abbia già superato la procedura di valutazione e conformità prevista, che sia provvisto di un marchio di conformità europeo e che sia accompagnato dalla documentazione e dalle istruzioni richieste. Il quadro normativo classifica le applicazioni di intelligenza artificiale in base al livello di rischio che presentano, definendo quattro categorie: rischio inaccettabile, alto, limitato e minimo. Ciò consente un approccio differenziato alla regolamentazione, garantendo che le restrizioni siano proporzionate al potenziale impatto negativo sull’individuo o sulla società. LIVELLO DI RISCHIO INACCETTABILE: comprende i rischi che violano i valori europei. Vi rientrato a titolo esemplificativi gli strumenti di riconoscimento di emozioni da impiegare all’interno di scuole o di luoghi di lavoro, gli applicativi di social scoring (ovvero di selezione in base ai comportamenti), gli strumenti di identificazione biometrica con alcune eccezioni (es. per prevenire un reato). LIVELLO DI RISCHIO ALTO: riguarda le applicazioni con impatto controverso e potenzialmente dannoso per la sicurezza e per i diritti delle persone. Si tratta di tecnologie non proibite, ma ammesse solo in presenza di specifici requisiti. Rientrano in questa categoria i sistemi di Intelligenza Artificiale generativa (come ad es. chat GPT). Per tali applicativi è richiesto l’adempimento di una serie di obblighi: un’approfondita valutazione preventiva dei rischi;la presentazione di tutta la documentazione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione;obblighi informativi nei confronti degli utenti sullo scopo dell’applicazione;deve essere consentito l’intervento umano sull’algoritmo;obbligo di trasparenza sugli algoritmi. I sistemi di Intelligenza Artificiale generativa devono inoltre rendere noto agli utenti che i prodotti generati sono prodotti da una macchina e non da esseri umani e devono spiegare come vengono allenati i modelli di linguaggio. LIVELLO DI RISCHIO LIMITATO: riguarda i sistemi ai quali non sono connessi rischi considerevoli. Per tali applicativi sono previsti soltanto obblighi di trasparenza sulle modalità di funzionamento dell’algoritmo. LIVELLO DI RISCHIO MINIMO: non è previsto nessun obbligo di legge. ENTRATA IN VIGORE: Il regolamento sull’Intelligenza Artificiale entrerà in vigore entro giugno 2024, salvo eventuali proroghe, con un periodo di transizione che consenta agli interessati di adeguarsi alle nuove regole e implementare le misure richieste. Entro sei mesi dall’entrata in vigore dovranno essere eliminati gradualmente i sistemi vietati dall’AI Act.Entro dodici mesi si applicheranno le norme di governance generali a tutte le aziende e le PA.Entro due anni dall’entrata in vigore il Regolamento sarà pienamente applicabile, comprese le norme per i sistemi ad alto rischio. IL CONTROLLO: Il controllo sull’applicazione del Regolamento è affidato agli Stati Membri che entro dodici mesi dall’entrata in vigore dovranno costituire apposite autorità locali con il compito di verificare il rispetto della normativa. Anche la Commissione Europea avrà il potere di sorveglianza oltre che di applicazione delle sanzioni in caso di accertamento di violazione. LE SANZIONI: Il regolamento stabilisce le soglie delle sanzioni che saranno poi stabilite dagli Stati membri: fino a 35 milioni di euro o al 7% del fatturato totale annuo mondiale dell’esercizio precedente per le violazioni relative alle pratiche vietate o alla non conformità ai requisiti sui dati;fino a 15 milioni di euro o al 3% del fatturato totale annuo mondiale dell’esercizio precedente per la mancata osservanza di uno qualsiasi degli altri requisiti o obblighi del regolamento, compresa la violazione delle norme sui modelli di IA per uso generale;fino a 7,5 milioni di euro o all’1,5% del fatturato mondiale annuo totale dell’esercizio precedente per la fornitura di informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti agli organismi notificati e alle autorità nazionali competenti in risposta a una richiesta (in tutti i casi a seconda di quale sia il valore più elevato).
Approfondimenti Contrattualistica d'impresa

NFT, smart contracts e aspetti legali

Gli NFT (non fungible token) rappresentano un tipo di token crittografici, emessi attraverso  vari protocolli. Ad oggi, il più conosciuto è ERC-721 sulla blockchain di Ethereum. Questi “gettoni” -non essendo fungibili- non sono intercambiabili e diversamente dalle criptovalute, come i bitcoin- rappresentano un’unicità.  Giuridicamente sono dunque assimilabili al concetto di cose infungibili e  inquadrabili come beni che possono formare oggetto di diritti, introducendo così il concetto di bene infungibile nel campo del digitale.

In sostanza, ciò che caratterizza gli NFT è l’insostituibilità, l’unicità e l’indivisibilità.

Strettamente collegato agli NFT è il concetto di smart contract, da sintetizzare con un breve richiamo alla definizione di cui la Legge n. 12/2019, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 12.02.2019, Legge Semplificazione, all’articolo 8 ter, comma 3, punto 2 in cui si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse”. Pertanto, già un’operazione di “trasferimento” su blockchain che non ha oggetto NFT consente di ottenere effetti giuridici.

L’utilizzo degli smart contract dedicati agli NFT è più complesso, proprio in ragione dell’infungibilità del bene e dunque, allo stesso tempo si presta e richiede, forme evolute di contrattualizzazione su blockchain che partono da un contratto NFT per la cessione di un bene “unico” e che deve rimanere tale. A questo NFT iniziale si aggiungono altri contratti secondo il diverso standard,  come per esempio  per la gestione di  sub-licenze di un’opera intellettuale inizialmente ceduta via NFT.

Gli usi dei token non fungibili stanno aumentando e coinvolgono oltre al settore della proprietà intellettuale, nel quale stanno prendendo sempre più campo, anche il settore della verifica dell’identità, l’ambito del supply chain tracking, le procedure kyc etc.

L’utilizzo degli NFT porta alla luce molteplici questioni legali. Tra gli aspetti giuridici più controversi, sicuramente quello che riguarda tutti i settori in cui sono impiegati, è la tutela del consumatore in quanto non può prescindere da una informazione di base relativa al funzionamento di blockchain e token. La complessità dell’argomento rende difficile spiegarne il funzionamento nei consueti termini e condizioni. Inoltre,  agli NFT non è applicabile il diritto principale della disciplina del consumatore, previsto all’articolo 52 del Codice del Consumo, ossia il diritto di recesso. Una volta acquistato un bene digitale su una piattaforma NFT, non c’è modo di risolvere il contratto e restituire il bene con conseguente ristoro delle somme spese.

Con particolare attenzione al settore della proprietà intellettuale, essi possono rappresentare un’opera d’arte ed in tale ambito è diffusa la prassi di impostare la vendita dei token come licenze così che gli ideatori possano sfruttarne il diritto economico, attraverso una gestione innovativa, verificabile ed automatizzata dei diritti patrimoniali legati alla creazione, diffusione e gestione di opere protette dal diritto d’autore. Dopo la creazione dell’opera e dell’NFT c’è pertanto l’esigenza di definire e dettagliare i rapporti giuridici sottesi in particolare :

Copyright: è assolutamente escluso fare un uso commerciale dell’NFT, così come cedere l’accesso all’opera e riprodurla. il copyright sono in capo all’artista, mentre gli acquirenti possono solo  vendere ed utilizzare l’articolo acquistato.

Royalty: L’ammontare è definito dall’artista stesso e si tratta di percentuali determinate liberamente senza alcuna imposizione legata ai limiti definiti dalle singole legislazioni.

Fee aggiuntive: esistono delle transaction fees che vanno pagate per il costo di produzione, oltre ai costi legati al corrispettivo dell’energia bruciata ed alla conseguente produzione di CO2.

Fiscalità: è previsto il rimedio dell’oscuramento del sito qualora si accerti il mancato pagamento delle imposte e, nel caso in cui l’artista o il collezionista debba affrontare questioni per il mancato pagamento di imposte e venga condannato per evasione fiscale, viene oscurato il sito dello stesso.

Tali aspetti potranno essere definiti autonomamente al di fuori della catena, ma come visto in premessa, si sta diffondendo la possibilità di regolamentarli attraverso gli smart contracts, getendo tramite tali strumenti le licenze successive e dunque lo sfruttamento economico dell’opera.

 

Approfondimenti Contrattualistica d'impresa

Consignment stock e vendite on-line

I contratti call-off stock e consignment stock sono molto diffusi nella prassi commerciale in considerazione dei vantaggi che comportano per entrambe le parti contrattuali. Da un lato il cedente riduce sensibilmente i costi di distribuzione e dall’altro il cessionario evita il problema dell’invenduto. Un’ampia diffusione di tale contratto, si è avuta nelle vendite on line, anche per i marketplace, anche quando ad essere coinvolti sono operatori che si trovano in diversi Paesi.

Nel contratto di call-off stock un fornitore può costituire uno stock di prodotti presso la sede del proprio cliente, il quale utilizzerà quei beni in funzione della propria necessità. La proprietà dei beni è trasferita al momento del prelievo del bene dallo stock, con la conseguenza che la vendita è conclusa al momento del prelievo. Nel consignment stock il fornitore consegna presso i locali del cliente i beni oggetto del contratto ma su accordo delle parti, la proprietà è trasferita al cliente al momento della vendita dei beni ad un terzo acquirente.

La similitudine è con il contratto di conto deposito, che prevede il differimento del trasferimento della proprietà al momento del prelievo da parte del cliente o di un terzo, fino a quel momento i beni sono di proprietà del fornitore. In considerazione dell’atipicità dell’istituto, la redazione di un contratto ben strutturato è la migliore tutela per le parti coinvolte, anche in considerazione della legge applicabile, che spesso è quella del depositario e dunque è sicuramente più funzionale per le parti negoziare delle condizioni contrattuali chiare e dettagliate. Particolare attenzione deve essere prestata ai seguenti aspetti:

Disciplina della giacenza di magazzino: ai fini fiscali è necessario stabilire espressamente la durata della giacenza dei prodotti nei magazzini e conseguentemente prevedere la destinazione dei prodotti all’esito del periodo o attraverso un meccanismo di acquisto automatico al termine del periodo di giacenza o attraverso contrattualizzazione di un termine di restituzione dei prodotti prima della scadenza.
Modalità di consegna: previsione clausole di ispezione alla consegna presso il luogo di giacenza dello stock anche attraverso la procedimentalizzazione della procedura di accettazione della merce.
Stoccaggio e assicurazioni: inserimento di definite e chiare procedure per la conservazione della merce con diritto di verifica da parte del fornitore. Si consiglia anche la stipula di apposite coperture assicurative della merce anche integrative rispetto a quanto offerto dal depositario, se ritenute non sufficienti anche in relazione alle normative dei diversi Paesi.
Verifica degli stock: previsione di modalità di verifica della corrispondenza fra il dato informatico e il dato reale in modo da controllare la corretta gestione del magazzino da parte del cliente, con la possibilità di procedere a inventari fisici periodici e/o controlli a campione.
Trasferimento del rischio: dal momento che il possesso si trasferisce immediatamente alla consegna è utile sottolineare il momento del passaggio del rischio, prevedendo che si trasferisce sul depositario a far data dalla consegna, quantomeno nelle ipotesi di danneggiamento e sparizione merce.

La peculiarità di tale istituto ed il coinvolgimento nel medesimo contratto di operatori distribuiti in diversi Paesi porta con sé alcune conseguenze sotto il profilo fiscale che sono state disciplinate con diversi interventi normativi.

L’Agenzia delle Entrate era già intervenuta sul tema con la Risoluzione n. 44/E/2000 ha stabilito che affinché si realizzi il contratto di consignment stock in ambito comunitario, occorre che i beni siano consegnati direttamente al cliente presso un proprio deposito fiscale. Oppure presso un deposito anche non fiscale presso il quale, tuttavia, i beni rientrino nella piena disponibilità del cliente comunitario.

La Direttiva UE/2018/1910 del 4 dicembre 2018 è stata emanata con lo scopo di armonizzare il regime fiscale applicabile alle operazioni di call-off stock e di consignment stock fino a quel momento disciplinate in modo autonomo e disomogeneo di ciascun Stato membro. La direttiva introduce un nuovo art 17-bis alla Direttiva Iva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 che recita testualmente: “Non è assimilato a una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il trasferimento, d a parte di un soggetto passivo, di un bene della sua impresa a destinazione di una altro stato membro in regime di call off stock”.

Pertanto l’invio della merce in ambito comunitario, pur non perdendo la natura di operazione intracomunitaria, sconta gli effetti fiscali soltanto in un momento successivo coincidente con le seguenti ipotesi:

atto di rivendita o di consumo da parte del depositario/cessionario;
scadere dei termini stabiliti contrattualmente;
comunque entro un anno (12 mesi) dalla spedizione.

 

In conclusione, per rendere applicabile la predetta semplificazione sono necessarie contemporaneamente le seguenti condizioni:

i beni devono spediti o trasportati da un soggetto passivo IVA in uno Stato membro verso un altro Stato membro.
il soggetto passivo che spedisce i beni non ha stabilito, nello Stato membro in cui i beni sono spediti, la sede della propria attività economica, né una stabile organizzazione;
Identificazione dell’acquirente ai fini IVA nello Stato membro in cui i beni sono spediti;
registrazione del trasferimento in un apposito registro e negli elenchi riepilogativi delle cessioni intra-Ue.

In conclusione, è consigliabile al momento della sottoscrizione del contratto, anche qualora lo stesso provenga da operatori specializzati nel settore, esaminare nel dettaglio la legge applicabile soprattutto con riferimento ai profili maggiormente critici sopra evidenziati e negoziare attentamente le singole clausole senza operare rinvii generici, ciò al fine di contenere maggiormente i rischi.

Approfondimenti Contrattualistica d'impresa

IL CONTRATTO TRA BRAND ED INFLUENCER

Nel mondo digital sono sempre di più le imprese titolari di marchi più o meno conosciuti, che decidono di avvalersi di influencer per promuovere la vendita dei prodotti. Trattandosi di modalità di collaborazione che si stanno diffondendo sempre di più, la disciplina contrattuale è fondamentale a proteggere gli interessi, definire i principali aspetti, diritti ed obblighi di tutte le parti coinvolte.

Il contratto, atipico e di contenuto variabile, anche in relazione al tipo di campagna di marketing nel quale l’influencer è coinvolto, deve regolare dettagliatamente la prestazione prevendendo come contenuto minimo:

-individuazione delle parti: influencer o Agenzia che lo rappresenta;

-descrizione dettagliata dei contenuti da produrre: post, stories, video;

-frequenza della pubblicazione e termini di visibilità dei post: timing della pubblicazione dei contenuti (giorno e ora) e data in cui le pubblicazioni possono o devono essere eliminate;

-terminologia ed hashtag da utilizzare nella pubblicazione dei relativi contenuti;

-individuazione dei canali sui quali promuovere i prodotti: blog, social, siti e-commerce dei brand etc.;

– previsione di partecipazione degli influencer ad eventi organizzati dal brand.

 

Elemento centrale del contratto è la cessione da parte dell’influencer del proprio nome e dei diritti di sfruttamento della propria immagine per fine promozionale del prodotto che devono essere descritti dettagliatamente e individuati temporalmente. Mentre il contenuto creato dall’influencer rimane di sua proprietà, per questioni legate ai diritti d’autore. Tuttavia, può sempre includere nel contratto una clausola che autorizza a riutilizzare il contenuto in questione.

Tale autorizzazione prevista nel Contratto è indispensabile per procedere da parte del brand alla pubblicazione di post o immagini raffiguranti l’influencer, ai sensi della normativa sul diritto d’autore (art. 96 e ss. L. n. 633/1941), del il codice civile (art. 10) e delle disposizioni a tutela della privacy (GDPR) richiedono che il ritratto di una persona possa essere riprodotto, esposto o messo in commercio soltanto con il consenso di quest’ultima. Non ha nessuna rilevanza che l’immagine sia stata precedentemente pubblicata direttamente dall’influencer.

Nell’attività di pubblicazione da parte del Brand, deve essere tenuto presente anche la tutela di diritti di proprietà industriale di terzi. L’inserimento non autorizzato di marchi di terzi può determinare confusione per il consumatore destinatario dell’immagine, rappresentare una violazione dei diritti di esclusiva e potrebbe inoltre integrare un atto di concorrenza sleale con le conseguenti sanzioni.

Trattandosi evidentemente di contratti legati alla sfera dell’immagine, sarà opportuno per entrambe le parti prevedere clausole a tutela dell’immagine e della reputazione.

Lato influencer, potrebbe essere opportuno inserire una tutela che permetta di risolvere il rapporto contrattuale nell’ipotesi in cui il brand ponga in essere una condotta censurabile.

Lato Brand, potrà essere prevista analoga clausola in caso di condotta dell’influencer che possa ledere la reputazione del Brand. A sostegno di una tale previsione potrà essere allegato anche al contratto, se in possesso del Brand, il codice di condotta, così da assumere valore giuridico anche per l’attività dell’influencer.

Un ulteriore previsione che ha una rilevanza fondamentale nel contratto riguarda l’obbligo di riservatezza dell’influencer sul know-how aziendale del quale possa venire a conoscenza nel corso dell’incarico.

Infine, spesso per particolari campagne di marketing è possibile negoziare anche una clausola di esclusiva, che tuttavia  dev’essere limitata a un lasso di tempo ben preciso, considerando che una clausola troppo lunga rischierebbe di essere annullata in sede contenziosa.

 

Un ultimo aspetto da analizzare riguarda il divieto di pubblicità ingannevole.

Il Brand e l’influencer hanno l’obbligo di rendere riconoscibili le finalità promozionali dei contenuti pubblicati sul web, in modo da non indurre il consumatore in inganno, lasciando intendere che tale prodotto sia stato scelto spontaneamente dall’influencer.

L’AGCM ha precisato l’obbligo di rendere riconoscibili le finalità promozionali dei contenuti condivisi attraverso social media, con l’inserimento di hashtag dedicati: #pubblicità, #advertising ecc.,

Il decreto legislativo n. 145/2007 prevede espressamente che: “Con il provvedimento che vieta la diffusione della pubblicità, l’Autorità dispone inoltre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 500.000,00 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. Nel caso di pubblicità che possono comportare un pericolo per la salute o la sicurezza, nonché suscettibili di raggiungere, direttamente o indirettamente, minori o adolescenti, la sanzione non può essere inferiore a 50.000,00 euro”.

Anche l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria si è occupato delle nuove forme della comunicazione commerciale attraverso la cosiddetta Digital Chart (integrata all’interno del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale). Alcune pronunce dello IAP hanno sanzionato imprese o influencer per messaggi di pubblicità occulta tramite influencer marketing, inibendo la riproposizione della condotta.

Approfondimenti Contrattualistica d'impresa

E-commerce: Regolamento UE 2019/1150 – nuove regole per marketplace e motori di ricerca

A decorrere dal 12 luglio 2020 trovano applicazione in tutti gli Stati membri dell’UE le norme del Regolamento (UE) 2019/1150 che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online.

 

CHI RIGUARDA:

Il regolamento si applica ai servizi di intermediazione online (marketplace) e ai motori di ricerca online forniti agli utenti commerciali e ai titolari di siti web aziendali che hanno il luogo di stabilimento o di residenza nell’Unione europea e che, tramite tali servizi e motori di ricerca, offrono beni o servizi ai consumatori dell’UE.

Non si applica, invece, ai servizi:

peer-to-peer (tra consumatore e consumatore), esclusivamente B2B (Business to Business) ossia che non risultino funzionali all’instaurazione di rapporti commerciali con i consumatori
di pagamento online
di pubblicità online che non implichino una relazione contrattuale con il consumatore.

 

OBIETTIVI:

garantire maggiore trasparenza nelle condizioni contrattuali applicate agli utenti commerciali dai marketplace e dai motori di ricerca, in considerazione della maggior dipendenza che le aziende hanno verso tali soggetti per poter offrire i propri beni e servizi a consumatori e utenti.

 

CONTENUTO:

REGOLE PER LA PREDISPOSIZIONE CLAUSOLE CONTRATTUALI:

Uso di linguaggio semplice e comprensibile nella predisposizione delle clausole.
Facile reperibilità da parte degli utenti dei documenti contrattuali in tutte le fasi del rapporto contrattuale.
Indicazione espressa all’interno dei contratti delle ragioni che giustificano la facoltà di sospendere, cessare o limitare, in tutto o in parte, la fornitura dei servizi della piattaforma online. In ogni caso il fornitore del servizio dovrà comunicare con adeguato preavviso la decisione di sospensione o cessazione. Contro tale decisione l’utente avrà diritto di proporre un reclamo.
Obbligo di comunicazione delle modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali da parte del gestore della piattaforma, con preavviso di almeno 15 giorni, salvo che le modifiche siano necessarie per adempiere ad un obbligo normativo o per far fronte ad un pericolo imminente connesso alla difesa dei servizi, dei consumatori ed utenti commerciali da frodi, malware, spam, violazioni dei dati o rischi di sicurezza informatica. Durante il periodo di preavviso l’utente commerciale ha facoltà di risolvere il contratto, ma può comunque rinunciarvi o tramite dichiarazione espressa o con un’azione chiara ed affermativa (come, ad esempio, qualora carichi un’applicazione su un marketplace di software).
Obbligo di trasparenza dell’identità dell’utente commerciale che fornisce i beni o servizi tramite la piattaforma.
divieto di applicazione retroattiva delle modifiche contrattuali e obbligo di includere informazioni in merito alla possibilità di risoluzione del contratto da parte dell’utente commerciale e dell’esistenza di un accesso tecnico e contrattuale (o della mancanza di tale accesso) ai dati forniti o generati dall’utente commerciale, che sono conservati dalla piattaforma dopo la cessazione del contratto.

OBBLIGHI DI TRASPARENZA PER I CRITERI DI POSIZIONAMENTO:

Obbligo di inserimento nei documenti contrattuali dei principali parametri che determinano il posizionamento ed i criteri di contemperamento tra questi ed ulteriori parametri per i fornitori di servizi di intermediazione online.
Obbligo di indicazione dei parametri più significativi per determinare il posizionamento ed il loro rapporto con gli altri parametri eventualmente utilizzati, per i motori di ricerca. Tale descrizione deve essere collocata in maniera facilmente accessibile e redatta in un linguaggio semplice e comprensibile. Obiettivo dell’obbligo di trasparenza è di far comprendere chiaramente all’utente commerciale in quale misura i meccanismi utilizzati dal motore di ricerca per il posizionamento nei risultati tengano conto delle caratteristiche dei prodotti e dei servizi offerti, della pertinenza di tali caratteristiche con il pubblico di consumatori nonché la rilevanza delle caratteristiche grafiche dei siti web utilizzati dagli utenti commerciali.

TRATTAMENTO DIFFERENZIATO:

Obbligo per il gestore della piattaforma o del motore di ricerca di inserimento nel contratto della descrizione di qualunque trattamento differenziato che possa essere riservato ai prodotti o ai servizi offerti ai consumatori attraverso i servizi di intermediazione online dal fornitore di servizi stesso o da utenti commerciali controllati da detto fornitore, da un lato, e ad altri utenti all’utilizzo dei dati (personali e non), di cui la piattaforma o il motore di ricerca è in possesso, che sono forniti dall’utente commerciale o dai consumatori stessi per l’uso dei servizi della piattaforma o del motore di ricerca o generati tramite l’utilizzo di tali servizi, al posizionamento o altre impostazioni che possono influire sull’accesso alle offerte presenti sulla piattaforma, ai corrispettivi diretti o indiretti addebitati e a qualsiasi condizione o corrispettivo particolare addebitato per l’uso dei servizi, funzionalità o interfacce tecniche.

REGOLE PER L’ACCESSO AI DATI:

Obbligo di inserire all’interno dei contratti una descrizione circa la possibilità o meno accedere ai dati personali o ad altri dati che sono forniti o generati sia dai consumatori sia dall’utente commerciale stesso, e nel caso in cui sia possibile accedere le categorie di dati interessate e le condizioni di accesso.
Obbligo di fornire una specifica informativa anche sulla possibilità di accesso da parte dell’utente commerciale dei dati in forma aggregata nonché se sia prevista o meno la condivisione con terzi dei dati e, qualora detta condivisione non sia necessaria al funzionamento della piattaforma, lo scopo che intende soddisfare tale condivisione e la possibilità o meno da parte dell’utente commerciale di opporsi alla stessa.

RECLAMI E CONTROVERSIE

Obbligo di inserimento da parte delle piattaforme online di meccanismi interni di gestione dei reclami
Indicazione nei termini e condizioni contrattuali dei meccanismi di gestione dei reclami con predisposizione di specifiche informazioni sul loro funzionamento da rendere disponibili al pubblico.
Adozione di strumenti di mediazione che assicurino specifici requisiti (indipendenza, economicità, conoscenza delle tematiche di riferimento e delle lingue).
possibilità per le associazioni di categoria o per particolari organismi pubblici, che gli Stati membri devono individuare, di agire nei confronti dei fornitori dei servizi di intermediazione onlineo di motori di ricerca contro le eventuali violazioni delle previsioni del Regolamento.

 

Approfondimenti Contrattualistica d'impresa

I contratti di locazione durante l’emergenza COVID-19

Nell’ambito dell’attuale emergenza causata dal COVID-19 ed a fronte della chiusura imposta alle attività commerciali non essenziali, ha assunto rilevanza centrale la questione del pagamento dei canoni di affitto dei locali delle attività.
Gli interventi governativi hanno avuto una portata molto limitata nella gestione dei rapporti tra conduttore e locatore, non offrendo effettivi strumenti di sostegno e soprattutto linee chiare per il contemperamento delle diverse esigenze.

L’intervento si è limitato all’art. 65 D.L. Cura Italia che ha previsto testualmente il riconoscimento di un credito d’imposta «nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione di marzo 2020» ai soggetti esercenti attività d’impresa nell’ambito della quale risulta condotto in locazione un immobile in categoria catastale C/1. Ancorché la disposizione si riferisca, genericamente, al 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, la stessa ha la finalità di ristorare il soggetto dal costo sostenuto costituito dal predetto canone, sicché in coerenza con tale finalità il predetto credito maturerà a seguito dell’avvenuto pagamento, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con circolare 8/E del 03.04.2020, che ha stabilito che è necessario che sia avvenuto l’effettivo esborso finanziario. Pertanto, qualora il conduttore non abbia corrisposto le somme o ne ritardi il pagamento in accordo con il locatore, non maturerebbe alcun credito d’imposta.

Per quanto riguarda le misure adottate dalle Casse dei professionisti iscritti agli Ordini, con riferimento al tema delle locazioni, gli interventi non sono stati particolarmente incisivi, nonostante il canone di locazione sia un costo di grande impatto sulle attività professionali, che stanno subendo un forte rallentamento nei mesi dell’emergenza. Di rilievo, la misura adottata dalla Cassa forense che ha previsto due bandi straordinari per l’erogazione di contributi per canoni di locazione per lo studio professionale, l’uno riservato a conduttori persone fisiche e l’altro riservato a Studi Associati e Società tra Avvocati con uno stanziamento complessivo di 5.600.000,00 euro. I bandi prevedono il rimborso del 50 per cento dei canoni corrisposti nel periodo 1° febbraio – 30 aprile 2020.

Fatte le predette eccezioni, per comprendere come possono essere gestite le varie situazioni emergenziali, occorre far riferimento alla normativa codicistica ed alla norma di carattere generale cui all’art. 91 DL Cura Italia, rubricata “Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici” che prevede espressamente al primo comma: “All’articolo 3 del decreto – legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: “6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”.

In assenza di ulteriori e più ampie disposizioni, possiamo operare una distinzione tra le ipotesi in cui il conduttore disponga parzialmente di liquidità necessaria a far fronte al pagamento e le ipotesi in cui non vi sia alcuna disponibilità di liquidità.

Nell’ipotesi in cui vi sia liquidità a disposizione l’azione più efficace è quella di un accordo tra inquilino e locatore per la rimodulazione della misura del canone pattuito, che potrà operare in concreto con una semplice modifica al precedente contratto anche mediante corrispondenza email, i cui nuovi termini dovranno essere comunicati all’Agenzia delle Entrate (Ufficio territoriale presso cui il contratto era stato registrato) con Modello 69 contente gli estremi del contratto di locazione originario, come risultanti dalla ricevuta RLI, con esenzione di imposta di bollo e registro.

In caso di indisponibilità della liquidità sufficiente per pagare il canone, il conduttore potrà, nel caso in cui non sia raggiunto un accordo tra le parti, avvalersi delle norme del codice civile e richiedere una proroga o ritardare l’adempimento. Qualora l’interesse sia quello di preservare il rapporto contrattuale, le norme che vengono in soccorso sono le seguenti:
• Art. 1256 c.c.: impossibilità temporanea assoluta di adempiere alla prestazione;
• Art.1258 c.c.: impossibilità parziale di rendere la prestazione dovuta (quando la stessa sia divenuta impossibile solo in parte. In questo caso il debitore (conduttore) si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile.
• Art. 1218-1223 c.c.: giustificato ritardo nell’adempimento dell’obbligazione del debitore, rafforzato dalla previsione sopra citata dell’art. 91 D.L. Cura Italia.
Qualora invece, il conduttore valuti che vi sia effettiva impossibilità di proseguire il rapporto contrattuale, la norma di riferimento è la seguente:
• Art. 1467 c.c.: risoluzione anticipata del contratto considerando come giusta causa la sopraggiunta eccessiva onerosità del canone.

In conclusione, è evidente che è assolutamente fondamentale una valutazione caso per caso delle singole posizioni e che allo stato, viste anche le esigue misure di sostegno previste, l’opzione preferibile è comunque quella di un accordo tra le parti per una riduzione del canone di locazione in questo periodo di difficoltà dovuto all’emergenza coronavirus, contemperando entrambi gli interessi coinvolti.

Approfondimenti Contrattualistica d'impresa

E-commerce: consigli per la predisposizione delle condizioni di vendita

Il contratto di vendita online, che si costituisce al momento della conferma dell’ordine, è disciplinato dalle condizioni generali di vendita.

Le linee guida da seguire per impostare la struttura e definire il contenuto delle clausole che compongono tali condizioni di vendita, si ricavano dal codice civile, dal D. Lgs n. 70 del 9 aprile 2003 (che ha recepito la normativa europea sul commercio elettronico – Direttiva 200/31/CE della Comunità Europea) e dal D. Lgs n. 206 del 6 settembre 2005 (Codice del Consumo).

E’ inoltre opportuno segnalare il Regolamento UE 2018/302 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 febbraio 2018 (c.d. “Regolamento Geo-Blocking”) che impone a chi offre sul mercato beni o servizi tramite mezzi elettronici (e-commerce) di non attuare alcun tipo di discriminazione tra gli utenti fondata sulla nazionalità degli stessi, che si ripercuota sulle condizioni di vendita. Per approfondimenti su tale aspetto si rimanda all’articolo di Firenze Legale “Regolamento UE sul geoblocking e gli effetti sull’e-commerce” .

Se da un lato il D. Lsg 70/2003 stabilisce il principio di libero accesso del prestatore del servizio all’attività di vendita online in qualsiasi Stato membro senza necessità di autorizzazione preventiva nello Stato prescelto, dall’altro la stessa normativa impone al prestatore alcuni OBBLIGHI INFORMATIVI:

Innanzitutto il prestatore deve rendere facilmente accessibili, in modo diretto e permanente, sia ai destinatari del servizio che alle Autorità, una serie di informazioni che consentono la sua esatta individuazione (denominazione, sede legale, identificativo REA, partita Iva, contatti, iscrizione a determinati registri etc.).
Per quanto concerne la fase di pubblicazione online del prodotto o del servizio offerto, il prestatore deve fornire in modo chiaro, comprensibile ed inequivocabile, prima dell’inoltro dell’ordine da parte del destinatario del servizio, tutta una serie di dati: informazioni relative alle fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto, modalità di archiviazione e di accesso al contratto concluso, mezzi di individuazione e correzione degli errori di inserimento dei dati al momento dell’invio dell’ordine, accesso a codici di condotta, lingue per la conclusione del contratto e strumenti di composizione delle controversie.
E’ inoltre previsto dal D. Lgs 70/20013 che le clausole e le condizioni generali del contratto proposte al destinatario, debbano essere messe a sua disposizione in modo che gli sia consentita la memorizzazione e la riproduzione.

 

Andando ad analizzare nel dettaglio le condizioni di vendita alla luce della normativa sopra richiamata, vediamo come devono essere strutturate e cosa devono contenere le singole clausole.

 

INFORMAZIONI GENERALI

Tale sezione deve contenere le informazioni complete del merchant che consentano la sua esatta individuazione nonché i riferimenti al tipo di contratto concluso con l’acquirente (contratto a distanza) e la disciplina applicabile alla vendita.

Nel caso in cui sia presente un servizio di customer service si può far riferimento ai contatti ed alle modalità con cui i clienti possono far pervenire eventuali richieste o reclami.

Possono essere specificate anche informazioni generali sui prodotti offerti nella vendita online, come a titolo esemplificativo: le modalità di rappresentazione (immagini e contenuti descrittivi), indicazione della valuta in cui sono espressi i prezzi e le conseguenze di eventuali modifiche intervenute sugli stessi.

 

REGISTRAZIONE ACQUIRENTE

Un aspetto importante è costituito dal dettaglio delle regole che l’acquirente deve seguire per procedere con la registrazione al sito web di riferimento. A titolo esemplificativo nelle condizioni di vendita viene specificato quanto segue:

obbligo dell’acquirente di aver compiuto 18 anni per procedere con l’acquisto;
impegno e garanzia dell’acquirente di fornire informazioni vere e precise nonché di essere autorizzato all’utilizzo dei mezzi di pagamento previsti per effettuare l’ordine;
richiesta di accettazione delle condizioni di vendita;
manleva del venditore da obbligo risarcitorio e/o sanzione derivante da e/o in qualsiasi modo collegata alla violazione da parte dell’acquirente delle regole sulla registrazione al sito o sulla conservazione delle credenziali di registrazione;
possibilità per il merchant di limitare l’acquisto alle sole persone fisiche che agiscono con finalità non riferibili alla propria attività commerciale, imprenditoriale o professionale;
diritto del merchant di rifiutare l’ordine ed eventuale specifica dei casi.

 

ORDINE

In questo articolo devono essere specificati dal merchant i passaggi che l’utente deve seguire per l’invio dell’ordine.

È necessario tenere presente che, nella maggior parte dei casi, il periodo intercorrente tra l’invio dell’ordine e la spedizione del prodotto, può essere suddivisa in due fasi:

conferma dell’invio dell’ordine: in tale fase il merchant riceve ed acquisisce tutte le informazioni fornite dal cliente durante la registrazione e verifica i prodotti che sono stati scelti per l’acquisto; ma si tratta di un periodo intermedio nel quale c’è ancora la possibilità per il merchant di rifiutare l’ordine (ad es. per non disponibilità del prodotto, per informazioni non vere fornite dall’acquirente o altro);
conclusione del contratto: una volta accertate tutte le condizioni preliminari, se il merchant intende procedere con la spedizione del prodotto conferma la conclusione del contratto, fornendo generalmente i dettagli della consegna (specifica del corriere e numero di tracciamento).

 

PAGAMENTO

Il merchant deve specificare nelle condizioni di vendita le modalità di pagamento ammesse:

carta di credito o di debito;
contrassegno;
bonifico bancario;
paypal;
pagamento a rate.

Nella sezione dedicata al pagamento il merchant deve fare particolare attenzione alle condizioni contrattuali pattuite con le piattaforme dei vari strumenti di pagamento. È opportuno infatti che vengano riportate nel dettaglio le istruzioni fornite dalle varie piattaforme, affinché gli acquirenti possano conoscerne il contenuto prima di accedere al servizio.

Generalmente il merchant, prima di procedere con la preparazione dell’ordine, svolge un controllo standard di verifica dei dati forniti e di pre-autorizzazione della modalità di pagamento scelta dall’acquirente, per assicurarsi la correttezza dei dati e la sussistenza di fondi sufficienti per compiere la transazione.

 

CONSEGNA

All’acquirente devono essere fornite tutte le informazioni necessarie per determinare i tempi ed i costi della consegna del prodotto scelto, con eventuale differenziazione di prezzo in caso di differenti termini di consegna.

Tali specifiche dipendono dallo svolgimento dei servizi di logistica e di spedizione e dalle condizioni contrattuali definite con i relativi fornitori. È opportuno su tale profilo porre l’attenzione sulle responsabilità del fornitore, sulle limitazioni di responsabilità e soprattutto sulle coperture assicurative che possono essere concesse.

Un sistema di vendita particolarmente diffuso è il “drop ship”(anche conosciuto come drop shipping o dropshipping) che consiste in un modello di vendita in cui il merchant vende il prodotto all’utente, senza possederlo materialmente nel proprio magazzino. Il venditore, effettuata la vendita, trasmetterà l’ordine al fornitore che in questo caso viene chiamato “dropshipper”, il quale si occuperà della preparazione e spedizione del prodotto direttamente all’utente finale. In questo modo, il merchant dovrà preoccuparsi esclusivamente della pubblicazione online dei prodotti e della visibilità degli stessi, senza doversi occupare di tutte le incombenze legate ai processi di imballaggio e spedizione.

Per chi dispone di negozi monomarca è inoltre possibile attivare l’opzione di consegna con modalità cosiddetta “Click and Collect”, ovvero mediante ordine inviato dal sito web e ritiro del prodotto direttamente presso il punto vendita scelto dall’acquirente.

 

DIRITTO DI RECESSO – RESO

Il merchant, secondo le prescrizioni dettate dal codice del consumo, ha l’obbligo di informare l’acquirente circa l’esistenza del diritto di recesso, nonché l’onere di metterlo in condizione di poter esercitare tale facoltà rendendogli disponibile una esauriente spiegazione sulle fasi che regolano la procedura.

ll consumatore ha 14 giorni per recedere dal contratto di vendita senza necessità di specificare i motivi che hanno determinato il recesso.

Il merchant deve pertanto specificare nelle condizioni di vendita tutti i dettagli relativi alla procedura che il cliente deve seguire per comunicare la volontà di recedere nonché le modalità per restituire il prodotto e per ottenere il rimborso delle somme versate al momento dell’acquisto, all’esito delle verifiche effettuate sull’integrità del prodotto stesso.

Il codice del consumo ammette dei casi di esclusione del diritto di recesso per gli acquisti a distanza, in via esemplificativa:

la fornitura di beni personalizzati o confezionati su misura;
la fornitura di beni deteriorabili;
la fornitura di beni sigillati che non si prestano alla restituzione dopo l’apertura;
la fornitura di giornali, riviste e periodici;
la fornitura di video/audio/software consegnati sigillati e che siano stati aperti.

 

GARANZIA DI CONFORMITA’

Un’altra tutela che il Codice del Consumo riconosce al consumatore è la cosiddetta garanzia legale (o garanzia di conformità) la quale impone al venditore di consegnare all’acquirente beni conformi al contratto di vendita. Un bene è “conforme” quando:

è idoneo all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
corrisponde alla descrizione fatta dal venditore;
possiede le qualità indicate dal venditore nonché quelle abituali per beni dello stesso tipo;
è idoneo all’uso particolare voluto dal consumatore se questi lo ha portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto.

Se il bene ha dei difetti e/o non possiede queste caratteristiche, il consumatore è tutelato dalla garanzia di legge la quale gli dà diritto di chiederne, a sua scelta, la sostituzione o la riparazione.

Ai fini della garanzia legale, il difetto deve manifestarsi entro due anni dalla consegna del bene e deve essere segnalato al venditore entro due mesi dalla sua scoperta.

In relazione a tale profilo il merchant è tenuto ad osservare gli obblighi informativi, mettendo l’acquirente in condizione di conoscere tale garanzia di legge precisando in maniera chiara l’oggetto della garanzia, le modalità ed i termini entro cui il difetto deve essere segnalato.

 

PRIVACY

Con l’entrata in vigore del GDPR a maggio 2018 è stato imposto un obbligo di informativa nei confronti del cliente anche per quanto concerne il trattamento dei suoi dati personali. È pertanto doveroso specificare nella sezione “privacy”:

quali informazioni vengono raccolte e conservate;
chi ha accesso a questi dati personali.
dettagli di contatto del responsabile della protezione dei dati, assegnato dalla tua organizzazione;
modalità di presentazione di una richiesta di accesso ai dati;
tempi di conservazione delle informazioni personali e modalità di cancellazione.

 

LEGGE APPLICABILE E FORO COMPETENTE

Se si tratta di contratto di vendita concluso in Italia verrà fatto riferimento alla legge italiana.

Per la risoluzione delle controversie il merchant può indicare un foro specifico competente. È opportuno precisare che in caso di acquisto fatto da “consumatore” sarà competente il foro del luogo in cui l’utente risiede o ha eletto domicilio.

Approfondimenti Contrattualistica d'impresa

Il contratto di agenzia: un confronto fra la normativa italiana e i principi degli ordinamenti tedesco, francese e spagnolo

In forza del contratto di agenzia una parte, l’agente assume stabilmente l’incarico di promuovere per conto di un’altra, il preponente, la conclusione di contratti in una determinata zona, a fronte del riconoscimento di una provvigione.

Tale contratto, da un punto di vista pratico, si adatta perfettamente alle necessità delle imprese di promuovere e commercializzare prodotti e servizi in mercati extra-nazionali senza la necessità di ricorrere a strumenti quali le filiali o la creazione di nuove società.

Con la Direttiva n. 86/653/CE il legislatore comunitario ha dettato una disciplina unitaria per tutti gli Stati membri al fine di armonizzare e coordinare le diverse normative.

Nel dare attuazione alla direttiva europea gli Stati membri hanno interpretato autonomamente ed in parte modificato le diverse norme creando così difformità nella regolamentazione del rapporto di agenzia.

Occorre inoltre tenere presente che secondo quanto previsto dell’art. 3 del Regolamento CE n. 593/2008 (Roma I), alle parti è lasciata la facoltà di scegliere liberamente la legge che disciplina il contratto mentre, nel caso di mancato utilizzo di questa facoltà, l’articolo 4.2 dispone che il contratto venga disciplinato dalla legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica della pattuizione ha la residenza abituale.

Trattandosi di strumento molto diffuso è necessario conoscere le differenze che emergono tra la normativa italiana e la disciplina prevista dall’ordinamento tedesco, francese e da quello spagnolo.

 

LA FORMA DEL CONTRATTO

ITALIA: nell‘ordinamento italiano la forma scritta del contratto è richiesta ad probationem. Art. 1742 c. 2 c.c. “Il contratto deve essere provato per iscritto. Ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Tale diritto è irrinunciabile”.

GERMANIA: non è richiesta necessariamente la forma scritta. Ciascuna delle parti, comunque, può pretendere che il contenuto dell‘accordo venga riversato in un documento scritto. Tale diritto non può essere escluso, ma la prova del contratto e del suo contenuto può essere dato sulla scorta dei comportamenti tenuti dalle parti.

FRANCIA: Il contratto di agenzia non richiede alcuna forma particolare ai fini della validità e non necessita di essere provato per iscritto.

SPAGNA: non è richiesta una forma particolare, fermo restando che la legge dichiara che ciascuna delle parti può, in qualunque momento, richiedere all’altra la formalizzazione per iscritto. È bene precisare che alcune clausole necessitano di forma scritta.

 

DURATA DEL CONTRATTO

ITALIA: la durata del contratto di agenzia è disciplinata dall’art. 1750 c.c. “Il contratto di agenzia a tempo determinato che continui ad essere eseguito dalle parti successivamente alla scadenza del termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all’altra entro un termine stabilito. Il termine di preavviso non può comunque essere inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi.”

GERMANIA: il legislatore tedesco distingue tra rapporto a tempo determinato e rapporto a tempo indeterminato, con una disciplina sostanzialmente conforme a quella italiana. I termini di preavviso previsti per il recesso sono considerati termini minimi, non derogabili. Per accordo delle parti, invece, è possibile stabilire un termine più lungo rispetto al termine minimo previsto dalla legge tedesca.

FRANCIA: Il contratto di agenzia può essere stipulato sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. Il Codice prevede che se il contratto a tempo determinato continua ad essere eseguito dalle parti anche dopo la scadenza del termine, automaticamente si ritiene stipulato a tempo indeterminato. Quando il contratto è a durata indeterminata, ciascuna delle parti può recedere dandone preavviso all’altra entro un termine, la cui durata minima non può essere inferiore ad un mese nel corso del primo anno di durata del contratto, due mesi per il secondo anno, tre mesi per il terzo anno e successivi; le parti possono prevedere un termine di preavviso maggiore purché non sfavorisca il mandatario rispetto al preponente.

SPAGNA: I contratti di agenzia, possono essere distinti in contratti a tempo determinato (determinado), ovvero a tempo indeterminato (indefinido). Per quel che riguarda i contratti a tempo determinato va tenuto in conto che questi si estingueranno allo scadere del termine pattuito tra le parti e qualora queste proseguissero il loro rapporto il contratto si considererà trasformato da tempo determinato a indeterminato.

 

L’OBBLIGAZIONE DELL’AGENTE

ITALIA: L‘obbligazione che caratterizza la figura dell‘agente è la promozione e conclusione di contratto di vendita per conto della ditta mandante

GERMANIA: nell’ordinamento tedesco l’obbligazione è sostanzialmente identica a quella prevista dalla normativa italiana, ma si concretizza in maniera completamente diversa. Infatti l‘attività svolta dall‘agente di commercio tedesco può essere rivolta non solo alla promozione e/o conclusione di contratti di vendita ma anche di contratti di acquisto.

FRANCIA: l’agente commerciale viene definito come un mandatario incaricato stabilmente di negoziare, ed eventualmente concludere, dei contratti di vendita, di acquisto, di locazione o di prestazione di servizi in nome e per conto del preponente; è considerato un professionista indipendente e senza alcun vincolo di subordinazione, cui viene attribuita ampia autonomia per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro.

SPAGNA: L’agente ha il potere di promuovere gli atti o le operazioni oggetto del contratto ma può concluderli a nome del datore di lavoro solo se è in possesso di tale facoltà. Caratteristiche dell’agente spagnolo simili a quelle dell’agente italiano: attività svolta in maniera continuativa e stabile e indipendenza dell’agente.

 

LA ZONA – IL PORTAFOGLIO CLIENTI – L’ESCLUSIVA

ITALIA: nella normativa italiana la zona e la clientela vanno considerati elementi naturali del contratto. Il diritto di esclusiva è disciplinato dall’art. 1742 c.c. secondo il quale “il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro”.

GERMANIA: diversamente da quanto previsto in Italia, i riferimenti alla zona ed alla clientela sono elementi del tutto eventuali, da prevedere con un accordo specifico tra le parti. L‘ipotesi in cui all‘agente sia assegnata una determinata zona e/o clientela viene definito, appunto l‘agente di zona (figura distinta dall‘agente semplice). Sull‘agente di zona grava un più stringente obbligo di curare i clienti ricompresi nell‘ambito a lui assegnato, a fronte del riconoscimento della provvigione per tutti gli affari conclusi nella zona, indipendentemente dal suo intervento. Figura assai diffusa in ambito commerciale e non prevista espressamente dal codice è quella dell‘agente esclusivista. Le parti in tal caso concordano, per iscritto, non solo l‘assegnazione di una determinata zona, ma anche il divieto per chiunque (preponente incluso) di concludere affari nella zona affidata in via esclusiva all‘agente. Può essere previsto dal contratto anche il diritto di esclusiva in favore del preponente. L‘obbligo assunto dall‘agente di rappresentare una sola azienda deve essere oggetto di uno specifico accordo e non può essere contenuto in contratti unilateralmente predisposti dal preponente.

FRANCIA: l’esclusiva a favore del preponente è implicita, salvo che le parti pattuiscano diversamente. Rappresenta un’ipotesi di colpa grave la conclusione da parte dell’agente di altri contratti d’agenzia con società che commercializzano prodotti concorrenti, quando il contratto stipulato con la prima società gli impediva di rappresentare dei prodotti concorrenti con quelli fabbricati dal mandante. L’agente non può trattare alcun negozio che sia in conflitto di interessi con il preponente.

SPAGNA: l’esclusiva a favore del preponente è eventuale. L’agente, salvo patto contrario, può agire per conto di più preponenti con il consenso del preponente che svolga un’attività con beni o servizi che siano concorrenti o che abbiano natura simile.

 

PROVVIGIONI E INDENNITA’ DI FINE RAPPORTO

ITALIA: l’art. 1748 c.c. stabilisce che “per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento. La provvigione è dovuta anche per gli affari conclusi dal preponente con terzi che l’agente aveva in precedenza acquisito come clienti per affari dello stesso tipo o appartenenti alla zona o alla categoria o gruppo di clienti riservati all’agente, salvo che sia diversamente pattuito. L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta”. L’indennità di fine rapporto è disciplinata dall’art. 1751 c.c. che riconosce il dovere per il preponente di corrispondere l’indennità se ricorrono le seguenti condizioni: l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti; il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

GERMANIA: Per quanto riguarda il diritto alle provvigioni, in base alla disciplina tedesca, l‘agente ha diritto alla remunerazione se e nella misura in cui il terzo ha dato esecuzione all‘affare. L‘agente ha, inoltre, diritto ad ottenere “un adeguato anticipo” all‘atto dell‘esecuzione dell‘affare da parte del preponente. Tale riconoscimento viene meno solo con la certezza della mancata esecuzione da parte del terzo.
In relazione all‘indennità di fine rapporto la normativa tedesca prevede che l‘agente ha diritto a tale indennità al ricorrere delle seguenti condizioni: incremento portafoglio clienti del preponente; perdita di provvigioni per affari futuri; equità del pagamento dell‘indennità in relazione alle circostanze concrete.

FRANCIA: la provvigione è definita come quella parte di remunerazione commisurata all’andamento dei negozi ed è perciò soggetta ad oscillazioni. L’ammontare può essere concordato liberamente. In mancanza di un accordo, si fa riferimento a quanto viene abitualmente corrisposto in quel determinato settore di attività. Il diritto alla provvigione viene meno quando l’esecuzione del negozio fallisce per cause non imputabili al preponente. In questo caso, l’agente deve restituire al preponente anche le provvigioni eventualmente già ottenute.  Al momento della cessazione del suo rapporto col mandante, l’agente avrebbe diritto ad un’indennità di fine rapporto come corrispettivo del pregiudizio subito; essa dunque non è dovuta sulla base dell’aumento del volume di affari o di clientela operati dall’agente in favore del preponente, bensì sulla base del pregiudizio subito in conseguenza della fine del rapporto. La legge francese, tuttavia, non determina l’ammontare di tale risarcimento. La giurisprudenza francese è solita riconoscere all’agente un’indennità pari al doppio della media annuale delle provvigioni degli ultimi tre anni o sempre più spesso, pari alle provvigioni percepite negli ultimi due anni. Essa può essere superata dalla prova che il danno patito dall’agente sia stato superiore o inferiore alle due annualità “standard”.

SPAGNA: La retribuzione dell’agente è costituita da un importo fisso, da una commissione o da una combinazione delle due forma di retribuzione. Per gli atti e le operazioni concluse nel corso della durata del contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando si verifica una delle seguenti circostanze: (a) l’atto o l’operazione commerciale è stato concluso in conseguenza dell’intervento professionale dell’agente. b) che l’atto o l’operazione commerciale è stato concluso con una persona rispetto alla quale l’agente aveva precedentemente svolto attività di  promozione e, se del caso, concluso un atto o un’omissione, oppure operazione di natura analoga.  A seguito dello scioglimento del rapporto di agenzia, l’agente che abbia apportato nuovi clienti al preponente o incrementato sensibilmente le operazioni con la clientela preesistente avrà diritto ad un indennizzo, laddove la sua attività anteriore possa continuare ad apportargli vantaggi significativi e venga equitativamente valutata in base all’esistenza di patti di non concorrenza, alla perdita delle commissioni e alle altre circostanze ricorrenti. L’indennità da clientela è dovuta anche in caso di recesso anticipato del preponente.