Approfondimenti

Rent to buy: schema contrattuale e ambito applicativo

La formula del rent to buy consente al soggetto richiedente di poter entrare immediatamente in possesso di un immobile versando un canone periodico per un periodo determinato dalle parti, con la possibilità, in futuro, di poter acquistare quello stesso bene ad un prezzo inferiore, detraendo dal prezzo di acquisto i canoni già corrisposti.

Tale istituto è disciplinato dall’art. 23, comma 1, del D.L 133/2014 convertito con L.  164/2014, che ha subito modifiche con il D.L. 59/2016 “Salva Banche”.

Per effetto della stipula del contratto, il proprieta­rio dell’immobile ha l’obbligo di consegnare subito l’immobile o l’area al conduttore, che in cambio deve corrispondere il canone pattuito. Qualora alla scadenza del termine, il conduttore decida di procedere all’acquisto dell’immobile, il concedente è obbligato a trasferirlo ed il conduttore deve corrispondere quanto pattuito al netto della parte già corrisposta mediante i canoni. Qualora, invece, il conduttore decida di non acquistare l’immobile, il contratto cessa di avere effetto ed il concedente si riappropria dell’immobile, corrispondendo contestualmente al conduttore la parte di canone imputabile all’eventuale futura vendita.

La norma disciplina alcuni aspetti del contratto, il regime di trascrizione, la risoluzione, l’inadempimento e la sorte del contratto nelle ipotesi di fallimento del concedente, lasciando tuttavia massima libertà alle parti per quanto riguarda la regolamentazione dei principali aspetti, in particolare con riferimento alla durata, ai limiti massimi dei canoni da scomputare, nonché dei canoni minimi che dovranno essere versati.

In pratica, nel momento in cui viene stipulato il contratto del rent to buy viene stabilito il prezzo dell’immobile che resterà fisso per la durata del contratto, pari a tre anni, ora prolungata a dieci per dare maggior spazio alle parti nella determinazione del periodo di godimento. Il conduttore, in base a quanto accordato con il proprietario, dovrà sborsare un acconto, generalmente pari al 15% del valore dell’immobile.

Data l’importanza delle due componenti dei canoni periodici corrisposti dal conduttore al concedente, nel contratto del rent to buy deve necessariamente essere indicato, a pena di nullità del contratto, l’importo del canone corrisposto per il godimento dell’immobile (come in una locazione) e l’importo corrisposto come parte di quanto dovuto nel caso di futura cessione.

La norma prevede l’obbligo di trascrizione del contratto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., che dovrà quindi rivestire la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, con la produzione dei medesimi effetti di cui all’art. 2643, 1° comma, n. 8, c.c..

Per le ipotesi di risoluzione, la norma afferma espressamente che il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo”. Il comma 5 sancisce che nell’ipotesi di risoluzione per inadempimento del concedente, “lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali”; viceversa, se la risoluzione per inadempimento dipende dal conduttore, “il concedente ha   diritto   alla restituzione dell’immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto”.

Con riferimento, all’inadempimento, la norma prescrive che trova applicazione l’art. 2932 c.c. sull’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, secondo il quale la parte non inadempiente può ottenere una sentenza che produce gli stessi effetti del contratto non concluso.

Il comma 6, infine, si occupa del fallimento del concedente e del conduttore: nella prima ipotesi, il contratto prosegue, fatta salva l’applicazione dell’art. 67, comma 3, lett. c), L.F. sulla revocatoria fallimentare; nella seconda, si applica l’art. 72 L.F., per cui spetta al curatore decidere se sciogliere o meno il contratto.

 

Rent to buy di azienda

Lo schema negoziale del rent to buy può essere utilizzato anche per soddisfare bisogni di natura non abitativa, ma aziendale, commerciale, professionale, imprenditoriale e/o strumentali alle stesse e dunque può avere ad oggetto oltre che un edificio abitativo, un edificio strumentale ed anche un’area agricola o strumentale ed anche un immobile in costruzione.

In particolare, con riferimento al rent to buy di azienda, si è espresso il Consiglio Nazionale del Notariato, che ha inquadrato tale schema contrattuale come il collegamento tra due contratti (in genere affitto di azienda e preliminare di cessione di azienda) che permette di entrare subito nel godimento dei beni dell’azienda, inizialmente in affitto con pagamento di un canone periodico (fase “rent”), e successivamente diventarne proprietari (fase “buy”) in un periodo di tempo prefissato attraverso l’acquisto vero e proprio e il pagamento del relativo prezzo, dal quale vengono scomputati, in tutto o in parte, i canoni pagati in precedenza.

Tale operazione comporta per l’acquirente un indubbio vantaggio dal punto di vista creditizio-finanziario, in quanto si ottengono i beni dell’azienda senza corrispondere fin da subito l’intero prezzo e con la conseguente possibilità di ottenere più facilmente un finanziamento al momento dell’acquisto pari al minor importo del prezzo ancora dovuto, in considerazione di quanto anticipato con i canoni. Mentre, per l’alienante, il beneficio principale oltre ad ampliare le possibilità di vendita del bene, è quello di alleggerire i costi di gestione che possono essere scaricati sull’acquirente. E’ importante precisare che nel periodo in cui si gode dell’immobile (paragonabile alla locazione), le imposte legate al possesso del bene sono a carico del proprietario, come in qualsiasi contratto di affitto.

 

 

Profili fiscali:

Con la circolare n. 4/E/2015 del 19.02.2015, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il trattamento fiscale applicabile al contratto, affermando che: “Per quanto attiene al godimento dell’immobile, considerato che il contratto in esame comporta l’immediata concessione del godimento dello stesso a fronte del pagamento dei canoni, si ritiene che detto godimento deve essere assimilato, ai fini fiscali, alla locazione dell’immobile e, pertanto, per la quota di canone imputata al godimento dell’immobile trovano applicazione le disposizioni previste, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i contratti di locazione. Con riferimento ai canoni corrisposti dal conduttore, l’articolo 23, comma 1, chiarisce che le parti imputano al corrispettivo del trasferimento una quota di canone indicata nel contratto. Tale quota di canone che ha natura di anticipazione del corrispettivo del trasferimento deve essere assimilato, ai fini fiscali, agli acconti prezzo della successiva vendita dell’immobile. In sostanza, il trattamento fiscale da applicare al canone corrisposto dal conduttore deve essere diversificato in considerazione della funzione (godimento dell’immobile e acconto prezzo) per la quale dette somme sono corrisposte. In caso di esercizio del diritto di acquisto dell’immobile trova applicazione la normativa prevista, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i trasferimenti immobiliari “.

 

In sostanza:

le somme versate per il godimento del bene sono assoggettate alle disposizioni regolanti le locazioni sia per le imposte dirette che indirette. I canoni di locazione versati per il godimento di immobile ad uso abitativo restano in esenzione IVA a meno che il concedente sia un’impresa di costruzione e scelga il regime di imponibilità IVA. Allo stesso regime soggiacciono i fabbricati ad uso strumentale salvo che i soggetti passivi optino per l’imponibilità.
le somme imputate ad anticipazione del prezzo restano regolate dalla normativa tributaria in tema di acconti-prezzo e dunque assoggettate a imposta di registro (se gli acconti-prezzo sono soggetti ad IVA l’imposta di registro è dovuta nella misura fissa di € 200,00).
le somme corrisposte per il trasferimento definitivo dell’immobile alla momento della stipula della vendita sono da assoggettare alle ordinarie regole in tema di trasferimenti immobiliari, e al fine di evitare una duplicazione di imposte, devono tenere conto della tassazione sui canoni versati anticipatamente.

 

Approfondimenti

Equity crowdfunding: uno strumento alternativo per finanziare piccole e medie imprese.

Il Crowdfunding è una procedura di raccolta fondi attraverso la quale un gruppo di persone contribuisce, con il proprio denaro, alla realizzazione di un’idea innovativa o allo sviluppo di un progetto.

Esistono quattro modelli di crowdfunding:

DONATION CROWDFUNDING: è il modello utilizzato dalle organizzazioni no profit e onlus per il supporto delle loro attività benefiche. Il donatore che finanzia non riceve alcuna ricompensa materiale.
REWARD CROWDFUNDING: in tal caso i produttori del progetto offrono una ricompensa a chi li finanzia. Generalmente chi investe in questi progetti riceve in cambio il prodotto realizzato grazie alla raccolta fondi.
LENDING CROWDFUNDING:

è un prestito tra soggetti senza l’intervento degli intermediari finanziari. In sostanza vengono prestati i soldi ai richiedenti, che possono usare la piattaforma di crowdfunding per realizzare il proprio progetto e restituire il denaro una volta che il progetto sarà completato.

EQUITY CROWDFUNDING: a differenza delle altre forme di crowdfunding, questa permette a chiunque di entrare a far parte del capitale sociale di una società, una volta raggiunto l’obiettivo di raccolta prestabilito dal soggetto che ha richiesto il finanziamento. L’investitore diventa quindi socio a tutti gli effetti, acquisendo un vero e proprio titolo partecipativo oltre al diritto di percepire dividendi sugli utili e capital gain nel caso di cessione della propria quota.

 

LA NORMATIVA ITALIANA SULL’EQUITY CROWDFUNDING

L’Italia è uno dei pochi paesi al mondo ad aver applicato una normativa completa e chiara che disciplina il funzionamento dell’equity crowdfunding.

Tale normativa è stata introdotta dal D.L. n. 179/2012 che, consentiva il ricorso al finanziamento tramite crowdfunding solo alle imprese con la qualifica di start-up innovative. Successivamente, con il D.L. n. 3/2015, è stato consentito l’accesso al crowdfunding anche alle PMI innovative.

Nel 2017 è stata ammessa la quotazione tramite portali di crowdfunding anche alle PMI, non innovative, prima sono nella forma di società per azioni, poi estesa a tutte le PMI anche nella forma di SRL.

Anche la legge di Bilancio 2019 è intervenuta sul tema dell’Equity Crowdfunding, prevedendo alcune misure volte ad incentivare il ricorso a questo canale alternativo di finanziamento per le PMI.

Le novità:

Incremento del beneficio fiscale per chi investe in startup e PMI innovative:

per gli investimenti in startup e PMI innovative, viene aumentata dal 30 al 40% la detrazione dall’imposta per le persone fisiche e la deduzione dal reddito per le persone giuridiche.

Inoltre, viene introdotto un incentivo per favorire le acquisizioni di startup innovative e, dunque, le “exit” per chi aveva investito in precedenza, per esempio tramite una campagna di equity crowdfunding: le società (posto che non siano esse stesse start-up innovative) potranno dedurre dal proprio imponibile il 50% del valore dell’investimento nel caso in cui acquisiscano l’intero capitale sociale di start-up innovative, a condizione che le quote siano acquisite e mantenute per almeno 3 anni.

Emissione di bond tramite piattaforme di equity crowdfunding

Il crowdfunding viene esteso al debito offrendo così alle PMI un’ulteriore modalità di accesso al credito. Infatti, con il comma 236 dell’articolo 1 (che modifica l’articolo 1 comma 5-novies del TUF), la raccolta di capitali attraverso piattaforme che facilitano l’incontro fra domanda e offerta di finanziamento viene estesa, dal 1° gennaio 2019, anche alle obbligazioni o ad altri strumenti di debito, oltre che alle emissioni di azioni.

LE PIATTAFORME

Le operazioni di raccolta del capitale di rischio possono essere fatte esclusivamente all’interno di un portale online autorizzato e monitorato dalla CONSOB.

Ecco alcune tra le piattaforme di crowdfunding che hanno lanciato campagne di maggior successo:

MamaCrowd è nata nel 2016 ed ha raccolto oltre 10 milioni di euro per le campagne. Tra i progetti chiusi con successo c’è My Cooking Box, una startup che permette di preparare facilmente piatti della tradizione gastronomica italiana grazie a box con ingredienti già dosati e ShapeMe, il primo servizio per prenotare massaggi a domicilio (o in ufficio) in ogni momento.

StarsUp fondata nel 2013 è il primo portale ad aver ottenuto l’iscrizione al registro per la raccolta di capitale di rischio da parte di startup e PMI istituito dalla Consob.  Una delle campagne chiuse con successo è per SkyAccounting, un software cloud di fatturazione e contabilità per commercialisti, aziende e partite IVA.
CrowdFundMe è la piattaforma di equity crowdfunding più grande d’Italia. Per capitali raccolti, numero di investitori e campagne portate a termine. Tra le startup e le aziende lanciate dalla piattaforma ci sono CleanB&B, una startup per gestire affitti brevi e case vacanza.

Walliance è il primo portale italiano di Real Estate equity crowdfunding. Questa modalità di raccolta fondi per permette a tutti di avere accesso al mercato immobiliare con investimenti che partono da 500 euro.  Tra i progetti chiusi con successo rientra la realizzazione nel quartiere della comunità artistica di Wynwood a Miami (FL) di un edificio misto residenziale/commerciale e la conversione di Palazzo Cavour a Firenze, da edificio scolastico in residenziale.
CAMPAGNE DI EQUITY CROWDFUNDING: IL NUOVO BANDO 2019

La preparazione ed il lancio di una campagna di crowdfunding richiede un investimento iniziale sufficiente a coprire gli adempimenti preliminari: la predisposizione della documentazione finanziaria (business e financial plan), gli adempimenti legali e societari (informazioni sull’offerta, la delibera di aumento di capitale e le modifiche allo Statuto) e gli aspetti di comunicazione multimediale (realizzazione di un video descrittivo del progetto, creazione di storytelling e realizzazione del piano di comunicazione).

Al fine di agevolare il ricorso a questa forma alternativa di finanziamento, a marzo 2019 è stata avviata un’iniziativa sperimentale: la Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi ha pubblicato il primo bando finalizzato ad agevolare le imprese nel ricorso all’equity crowdfunding.

E’ stata prevista una dotazione di Euro 100.000 ed il finanziamento avviene tramite l’erogazione di voucher fino a 5.000,00 € che l’impresa può utilizzare per coprire alcune tipologie di spesa:

redazione di un business plan o di altra documentazione richiesta dai gestori della piattaforma Internet;

spese legali per l’adeguamento dello statuto o per altri adempimenti legali connessi alla realizzazione della campagna di crowdfunding;

redazione del Documento Informativo;

revisioni di bilancio o altre attività richieste dai gestori delle piattaforme Internet;

comunicazione e promozione legate alla campagna di crowdfunding;

realizzazione di pitch o di video di presentazione per presentare la campagna di crowdfunding.

Il voucher concesso alle imprese copre fino al 50% dei costi ammissibili, sulla base di un investimento minimo di 5mila euro.

Approfondimenti

GDPR 2016/679: adeguamento semplificato per Enti del terzo settore

GDPR 2016/679: ESISTE UN ADEGUAMENTO “SEMPLIFICATO” PER GLI ENTI DEL TERZO SETTORE?

Come ormai noto alla stragrande maggioranza degli operatori economici del nostro Paese, il 25 maggio 2018 è entrato in vigore il Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR).
Ciò che non è altrettanto noto è che questo regolamento si applica tanto alle realtà che perseguono un profitto (enti, società e/o professionisti in genere), quanto agli Enti del Terzo Settore o associazioni no profit, che dir si voglia.
Anche agli Enti del Terzo Settore, infatti, al pari di ogni altro soggetto che tratta dati personali, è imposto di adottare tutta una serie di misure di sicurezza a livello documentale, a livello informatico e a livello organizzativo.
Anzi, a ben vedere, sono proprio gli Enti del Terzo Settore che devono porre un’attenzione ancora maggiore all’”aspetto privacy” visto che, nella maggior parte dei casi, trattano dati relativi alla salute dei propri utenti e spesso lavorano con enti o amministrazioni pubbliche che, verosimilmente, molto presto, inseriranno l’adeguamento alla normativa privacy come requisito per partecipare a questo o quel bando pubblico.
Ma vediamo, più nel dettaglio, quali sono le misure “minime” che un’Associazione di Volontariato deve adottare per essere GDPR compliant.

L’attività di mappatura e di individuazione delle misure di sicurezza adottate
La prima attività dal quale ogni ente – profit o non profit – dovrebbe partire è una mappatura dei trattamenti effettuati e delle modalità con cui vengono trattati.
Partendo da tale aspetto, anche le associazioni potranno, da un lato, rendersi conto dei trattamenti effettuati grazie alla redazione del Registro dei Trattamenti, e, dall’altro, individuare le misure di sicurezza in essere e quelle che invece dovrebbero essere adottate.
Si badi bene, le misure di sicurezza e le prassi operative interessano tanto la gestione del dato a livello cartaceo/documentale, quanto e soprattutto il trattamento del dato a livello informatico.
Per tale motivo sarà necessario “mappare” anche il trattamento effettuato con mezzi informatici mediante il c.d. GDPR Assessment, verificando quali misure di sicurezza sono già state adottate dall’associazione per evitare la perdita e/o il trattamento illecito del dato (ad es. presenza di screensaver con password nei pc, presenza di credenziali di accesso al server, presenza di antivirus, salvataggio in cloud dei dati, criptazione dei dati ecc.) e quali, viceversa, dovranno essere adottate con l’aiuto, nella maggior parte dei casi, di un tecnico informatico.
La predisposizione delle informative
A livello documentale, una volta individuate le categorie di trattamento effettuate, non si potrà prescindere dal predisporre un adeguato sistema di informative con cui l’Associazione dovrà comunicare i propri associati, utenti, dipendenti, volontari e fornitori o collaboratori esterni del tipo di trattamento che l’Associazione effettua, delle finalità perseguite, delle modalità con cui viene posto in essere il trattamento, del periodo di conservazione dei dati (si badi bene, i dati personali raccolti non possono essere tenuti per sempre!), oltre che dei diritti che ogni interessato può vantare nei confronti della stessa associazione.
 La redazione delle Autorizzazioni al trattamento e delle Nomine a Responsabile
Ci sarà, poi, da predisporre le autorizzazioni al trattamento da consegnare ai dipendenti e/o volontari che materialmente effettuano le attività di trattamento e da individuare e nominare Responsabili Esterni tutti quei soggetti, appunto, esterni all’associazione (ad es. il commercialista, il consulente del lavoro, il tecnico informatico, il fornitore di server o gestionali ecc.) che trattano dati personali per conto dell’ente del terzo settore.
L’adozione di nuove procedure aziendali
Il nuovo sistema privacy impone, infine, l’adozione di una serie di cautele a livello operativo.
Sarà quindi indispensabile anche per l’ente no profit adottare delle nuove procedure maggiormente rispettose della riservatezza del dato trattato.
Senza procedere ad un esame delle singole procedure adottabili, anche mediante l’adozione di un Modello Organizzativo di Gestione che le ricomprenda, c.d. MOG Privacy – procedure che inevitabilmente non potranno e non dovranno essere standardizzate, ma adattate alla singola realtà dell’ente – preme spendere alcuni brevi cenni sulla procedura di Data Breach, che, più di altri aspetti, ha generato il panico tra gli operatori nazionali.

Per Data Breach si intende la violazione delle misure di sicurezza adottate che comporta la perdita, la distruzione, la modifica, la divulgazione o l’accesso non autorizzati di dati personali di cui è Titolare l’ente. In casi del genere, ai sensi dell’art. 33 del Regolamento Europeo 2016/679, l’associazione ha l’obbligo di informare, entro 72 ore dalla scoperta della violazione, l’Autorità di controllo, informandola del tipo di violazione, delle categorie di dati violati, del numero approssimativo di interessati coinvolti, dei dati di contatto del Responsabile della Protezione dei Dati o di altro soggetto incaricato dall’Associazione, delle probabili conseguenze che deriveranno dalla violazione e delle misure di sicurezza adottate per porre rimedio alla violazione medesima e per attenuarne le conseguenze negative.

Ad ogni modo, a prescindere dai singoli documenti da predisporre o dalle singole procedure e/o misure di sicurezza da adottare, è fondamentale comprendere ed attuare il c.d. principio dell’accountability che consiste nell’informazione e nella conseguente responsabilizzazione del Titolare del trattamento, vale a dire, per quanto qui maggiormente interessa, dell’Ente del Terzo Settore.
Ogni Titolare, poi, avrà una sorta di potere discrezionale per individuare le misure documentali, operative e informatiche da adottare sulla base dei propri mezzi a disposizione.
Ciò che è veramente fondamentale è quantomeno iniziare il processo di adeguamento alla normativa privacy, così da poter dimostrare in caso di controlli – che, pare, abbiano già avuto inizio – che l’ente si sta adeguando ed evitare l’applicazione delle sanzioni previste.

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Legge 11/2019 di conversione del Decreto Semplificazioni (D.L. 135/2018): gravi illeciti professionali

La legge n. 11/2019 converte in legge il Decreto 135/2018 in materia di misure di semplificazione della P.A.
Il testo legislativo riguarda le materie sanità, ambiente, agricoltura, giustizia, istruzione e formazione artistica e musicale, università e ricerca, con diversi interventi volti ridurre il complesso degli adempimenti amministrativi per cittadini e imprese.
Per quanto concerne la materia degli appalti, il D.lgs. 50/201 6viene modificato, in materia di esclusione dalla gare per gravi illeciti professionali, dall’art 5 della legge 11/2019.
Più nel dettaglio, viene sostituita la lettera c) del comma 5 dell’articolo in questione, che quindi introduce la possibilità di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico, qualora la stazione appaltante dimostri, con mezzi adeguati, che esso si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.
Prima dell’approvazione del decreto legge Semplificazioni, il Codice dei contratti prevedeva, a titolo esemplificativo, alcune condizioni al verificarsi delle quali la stazione appaltante avrebbe potuto escludere un operatore economico dalla partecipazione ad una gara, dopo aver dimostrato con mezzi adeguati la sua condotta illecita. L’elenco delle cause di esclusione per gravi illeciti professionali, contenute alla lettera c) del comma 5, era stato considerato non tassativo dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, 2 marzo 2018, n. 1299).
Con il decreto Semplificazioni e con la conseguente legge di conversione, il testo dell’articolo 80, comma 5, lettera c) viene allineato alla direttiva europea 2014/24/Ue. In particolare, è stata adeguata l’indicazione introduttiva che rende tassativo l’elenco delle cause di esclusione.
Dunque, così come riformulato, il testo prevede che la stazione appaltante possa escludere l’impresa purché dimostri, con mezzi adeguati, che l’operatore economico si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.
Inoltre, ai sensi delle nuove lettere c-bis) e c-ter) le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore, qualora l’operatore economico abbia:
– tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione (lettera c-bis);
– dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili. Su tali circostanze la stazione appaltante deve motivare anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa (lettera c-ter).
Delle possibili rilevanti modifiche al Codice appalti prospettate inizialmente nel testo del decreto Semplificazioni, ora convertito in legge, sono rimaste solo le disposizioni relative a nuovi motivi di esclusione dall’appalto per gravi illeciti professionali. È stata, quindi, rinviata a un futuro provvedimento l’integrale riforma del Codice, che presentava la tanto discussa norma “taglia-gare” volta a innalzare da 1 milione di euro a 2,5 milioni di euro la soglia dell’affidamento di un contratto di esecuzione di lavori senza gara ordinaria.

Approfondimenti

Smart contracts e normativa italiana

SMART CONTRACTS E NORMATIVA ITALIANA

 

La Legge n. 12/2019, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 12.02.2019, Legge Semplificazione, all’articolo 8 ter, comma 3, tra le altre cose ha elaborato la definizione della tecnologia basata sui Registri distribuiti e degli smart contract, affermando che:

Art. 8-ter (Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract):  

1. Si definiscono “tecnologie basate su registri distribuiti” le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili.

2. Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o piu’ parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Una riflessione ed analisi relativa agli smart contracts rende necessario un breve accenno alla blockchain, il cui obiettivo principale era quello di consentire trasferimenti di denaro senza avvalersi degli intermediari. Per semplificare, la blockchain può essere intesa come un Registro, ogni unità del registro è un blocco ed i blocchi sono collegati tra loro nell’ordine in cui sono stati creati attraverso il meccanismo della crittografia, che li lega in modo virtuale e non modificabile.  Le transazioni sono realizzate all’interno della catena ed il processo di estrapolazione dei dati è effettuato sulla base di calcoli matematici effettuati da un dispositivo.

In altre parole, la funzionalità principale della blockchain è quella di garantire che qualsiasi transazione può essere originata e completata direttamente tra due soggetti su una rete aperta e programmabile.

E’ proprio sulla piattaforma blockchain che vengono memorizzati gli smart contracts.

La chiave è l’idea che la funzionalità del Registro delle transazioni della blockchain potrebbe essere utilizzata per registrare, confermare e trasferire tutti i tipi di contratti e per effettuare i trasferimenti di proprietà, con ciò riferendosi, a titolo esemplificativo e non esaustivo:

transazioni finanziarie: azioni, private equity, crowfunding, obbligazioni, fondi comuni di investimento, vitalizi, pensioni e tutti i tipi di derivati;
trasferimenti sui pubblici registri: titoli di proprietà immobili e terreni, registrazioni di veicoli, licenze commerciali, certificati di morte;
l’identità digitale può essere confermata con la blockchain attraverso la patente, le carte d’identità, il passaporto;
impegni economici dei privati: cambiali, prestiti, contratti, scommesse, trust.

Provando a compiere un ulteriore sforzo definitorio e partendo dall’assunto che il contratto è l’accordo tra due o più parti, per perfezionare il quale è necessario che ciascuna parte si fidi dell’altra parte per soddisfare la propria obbligazione, si può affermare che gli smart contracts hanno ad oggetto lo stesso tipo di accordo (contratto), ma viene meno la necessità della fiducia tra le parti, in quanto il contratto è sia definito dal codice, sia eseguito dal codice automaticamente e senza discrezione. Pertanto, in quest’ambito il contratto è visto come un metodo per formare accordi con persone tramite blockchain.

Le caratteristiche principali degli smart contracts possono essere individuate in: Autonomia, Autosufficienza e Decentramento.

Con Autonomia s’intende che il contratto una volta che è stato lanciato ed è funzionante, non vi è necessità di ulteriori contatti tra gli agenti.

Con Autosufficienza è fatto riferimento alla capacità tramite il meccanismo di blockchain di gestire le risorse, ossia raccogliere fondi fornendo servizi, per esempio attraverso emissione di titoli, reperimento delle risorse necessarie, e autonomia nell’elaborazione e archiviazione.

Per Decentramento si intende l’assenza di un singolo server centralizzato, ma la distribuzione dei dati, auto-eseguibili attraverso il nodo di rete.

Questo sistema di attività attivate crittograficamente, porta a varie considerazioni, prima di tutto quella che vi è la necessità di creare nuove leggi e regolamenti che disciplinino attentamente questo nuovo “istituto”, l’Italia si è mossa in questo senso nel fornire per la prima volta una vera e propria definizione di smart contracts come sopra individuata, ponendosi anche l’obiettivo di definirne alcuni aspetti fondamentali volti a darne un’applicazione sempre più concreta. L’Agenzia per l’Italia digitale individuerà gli standard tecnici e le tecnologie basate su registri distribuiti che debbono possedere ai fini della produzione degli effetti di cui al comma 3 entro 90 giorni dall’entrata in vigore della Legge semplificazioni.

Approfondimenti

Legge di Bilancio 2019: affidamento diretto negli Appalti Pubblici.

La legge di bilancio 2019 ha inserito alcune modifiche di non poco conto al codice degli appalti pubblici.

La novità più rilevante è senz’altro quella contenuta all’articolo 1, comma 912 (Comma 529-bis dell’emendamento 1.9000 del Governo)  dell’ultima versione della manovra, è introdotta, fino al 31 dicembre 2019 e nelle more di una complessiva revisione del Codice dei contratti pubblici, una deroga alle procedure di affidamento dei contratti pubblici di lavori, al fine di elevare la soglia prevista per l’affidamento di lavori con procedura diretta fino a 150.000 euro, e applicare la procedura negoziata, previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici, per lavori da 150.000 fino a 350.000 euro.

In buona sostanza gli affidamenti di servizi e forniture restano inalterati, mentre i lavori pubblici vengono affidati secondo le seguenti modalità:

per importi inferiori a 40.000 euro, mediante procedura diretta, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici (art. 36, comma 2, lett. a) del Codice dei contratti);
per importi da 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro, mediante affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di 3 operatori economici (art. 36, comma 2, lett. a) del Codice dei contratti integrato con le deroghe introdotte dall’articolo 1, comma 912 della legge finanziaria 2019);
per importi pari o superiori a 150.000 euro e inferiore a 350.000 di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno dieci operatori economici ove esistenti (art. 36, comma 2, lett. b) del Codice dei contratti integrato con le deroghe introdotte dall’articolo 1, comma 912 della legge finanziaria 2019);
per importi pari o superiori a 350.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno quindici operatori economici ove esistenti, (art. 36, comma 2, lett. c) del Codice dei contratti).

L’affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro dovrà comunque avvenire nel rispetto dei principi di cui all’articolo 30, comma 1 del Codice dei contratti, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese.

In ogni caso, per gli appalti sotto soglia si dovrà fare riferimento alle linee guida ANAC n. 4 dell’1 marzo 2018 recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici” le quali con ogni probabilità subiranno una modifica di adeguamento rispetto al contenuto della legge di bilancio.

A completamento del quadro delle modifiche riguardanti gli affidamenti diretti, si segnala l’innalzamento della soglia dei micro-acquisti da € 1.000 a € 5.000: l’art. 1, comma 130 dispone che le amministrazioni statali centrali e periferiche non sono obbligate a fare ricorso a MEPA, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore a 5.000 euro.

 

Approfondimenti

Regolamento UE sul geoblocking e gli effetti sull’e-commerce

Il GEOBLOCKING “blocco geografico” consiste nelle limitazioni per l’accesso o l’acquisto di beni o servizi tramite interfacce on line, come siti internet e applicazioni, posti da un professionista di uno Stato membro nei confronti di clienti di un altro Stato membro che desiderano effettuare transazioni transfrontaliere.

I MOTIVI dell’applicazione di condizioni di accesso differenziate negli Stati membri dell’Unione sono molteplici e possono essere individuati nella divergenza dei sistemi giuridici, nell’incertezza del diritto e nella diversità della legge applicabile in materia di protezione dei consumatori, ambiente, etichettatura, tassazione e regimi fiscali, costi di consegna e regimi logistici.

EVOLUZIONE NORMATIVA:

→ Con un primo intervento attraverso l’art. 20 della Direttiva 2006/123/ CE è stato previsto che i prestatori dei servizi stabiliti nell’Unione non possono trattare in modo diverso i destinatari sulla base della loro nazionalità o del loro luogo di residenza.

→ Dalla Relazione Finale sull’Indagine settoriale sul commercio elettronico della Commissione al Consiglio e Parlamento europeo del 10.05.2017 è emerso che, spesso, non è possibile fare acquisti transfrontalieri on line perché i dettaglianti rifiutano di vendere ai consumatori all’estero, ad esempio bloccando l’accesso ai siti web, ridirigendo i consumatori verso siti web dedicati ad altri Stati membri o semplicemente rifiutando di fornire la merce oltre frontiera o di accettare pagamenti transfrontalieri oppure offrono termini e/o condizioni diversi se il cliente risiede in un altro Stato membro.

→ In tale ottica, il Parlamento e Consiglio Europeo hanno previsto l’eliminazione del blocco geografico ingiustificato e di altre forme di discriminazione basate su nazionalità, luogo di residenza e di stabilimento dei clienti nell’ambito del mercato interno, mediante l’adozione del Regolamento UE 2018/302 che è entrato in vigore il 3 dicembre 2018.

REGOLAMENTO UE 2018/302:

OBIETTIVI

Il Regolamento, in coerenza con la Direttiva 2006/123/CE, mira a definire in modo esplicito alcune situazioni in cui un diverso trattamento basato su nazionalità, luogo di residenza o stabilimento non può essere giustificato, ponendosi l’obiettivo di dettare regole chiare, precise, uniformi ed efficaci.

Il Regolamento si prefigge di contrastare la discriminazione diretta e indiretta nell’ambito delle transazioni transfrontaliere tra un professionista ed un cliente relativamente alla vendita di beni e alla fornitura di servizi all’interno dell’Unione e di combattere, altresì, le disparità di trattamento ingiustificate.

I destinatari della normativa sono i consumatori e le imprese che agiscono come clienti, ossia utilizzatori finali ai fini del regolamento, mentre non si estende ai clienti che acquistano un bene o un servizio per la rivendita, trasformazione, trattamento, locazione o subappalto successivi.

DIVIETI

Per garantire la parità di trattamento e dunque assicurare che i professionisti trattino gli acquirenti di altri paesi come quelli del paese interno, i professionisti non dovranno progettare le loro interfacce on line o utilizzare strumenti tecnologici, in modo da impedire all’atto pratico ai clienti di altri stati membri di completare agevolmente i propri ordini. Potrà essere prevista, invece, la possibilità di utilizzo di diverse interfacce online per rivolgersi a clienti provenienti da Stati membri diversi, mentre deve essere impedita la possibilità di reindirizzare i clienti da una versione dell’interfaccia online ad un’altra senza il consenso esplicito.

ECCEZIONI

Sussistono eccezioni al divieto di geoblocking, ossia quelle ipotesi in cui il blocco, la limitazione di accesso o reindirizzamento senza consenso potrebbero essere necessari per garantire il rispetto di un requisito giuridico previsto dal diritto dell’Unione Europea o dalle leggi di uno Stato membro in conformità al diritto dell’Unione a cui il professionista è soggetto per effetto dello svolgimento di un’attività dello Stato membro interessato.

Inoltre, il divieto di geoblocking non è previsto per tutti i beni o servizi e ne restano esclusi i contenuti digitali coperti da diritto d’autore e diritti connessi. Restano esclusi altresì i servizi di trasporto, finanziari, sanitari e sociali, come emerge dal Regolamento.

 

In conclusione, il divieto di discriminazione di cui al Regolamento non deve essere inteso in modo da precludere ai professionisti di offrire beni o servizi in Stati membri diversi o a determinati gruppi di clienti ricorrendo a offerte mirate e a condizioni generali di accesso diverse, anche predisponendo interfacce on line specifiche per Paese, ma interpretato ed applicato nel senso che ogni cliente deve avere il diritto, alle condizioni specifiche previste dal presente Regolamento, di effettuare transazioni alle stesse condizioni di un cliente locale e deve poter accedere pienamente e in modo paritario ai diversi beni o servizi offerti, a prescindere dalla  nazionalità, luogo di residenza o luogo di stabilimento.

Approfondimenti

Ecco come partecipare alle aste immobiliari telematiche del Tribunale di Firenze

I 10 passaggi necessari per poter partecipare alle nuove vendite immobiliari con modalità telematiche.

 

La Legge n. 119/2016 ha modificato l’Art. 569 comma 4 c.p.c., stabilendo che le vendite immobiliari nell’ambito delle procedure esecutive si svolgano con modalità telematiche.

Tale disciplina ha trovato applicazione per le procedure esecutive in cui è stata disposta la vendita in data successiva al 10 aprile 2018.

Il tribunale di Firenze nella scelta delle modalità da seguire per la vendita telematica ha scelto la modalità “SINCRONA” caratterizzata dalla simultanea connessione del referente della procedura e di tutti gli offerenti alla data ed ora indicata nell’offerta di vendita, con possibilità di rilanci esclusivamente in via telematica.

Di seguito i passaggi da seguire per acquistare un immobile mediante un’asta telematica:

SCELTA DELL’IMMOBILE per il quale si intende presentare un’offerta di acquisto: mediante l’accesso ai seguenti siti internet (www.asteimmobili.it – www.astalegale.net – www.portaleaste.com – www.publicomonline.it – www.isveg.it) è possibile selezionare – anche mediante l’inserimento di filtri – le unità immobiliari in vendita, prendendo visione della relativa documentazione, in particolare:

la perizia predisposta dal consulente tecnico nominato da Tribunale contenente la descrizione dell’immobile, la regolarità urbanistica e il prezzo a base d’asta;
la documentazione fotografica e le planimetrie;
l’avviso di vendita predisposta dal professionista delegato dove viene indicata la data e l’ora in cui si svolgerà l’asta, previa apertura delle buste contenenti le offerte di acquisto.

 

ACQUISIZIONE CASELLA PEC: è necessario dotarsi di una casella pec identificativa, come previsto dal DM n° 32 del 26 febbraio 2015. In mancanza di una casella pec sarà necessario avvalersi di un professionista per la presentazione dell’offerta, il quale agirà all’interno del portale delle vendite per conto dell’offerente quale mero “presentatore”.

 

REGISTRAZIONE sul sito www.spazioaste.it come persona fisica o come persona giuridica.

 

VERSAMENTO CAUZIONE a garanzia dell’offerta di importo pari o superiore al 10% del prezzo offerto. Il pagamento deve essere eseguito a mezzo bonifico bancario alle coordinate indicate nell’avviso di vendita, almeno 5 giorni prima della data fissata per l’apertura delle buste. Qualora la cauzione non risulti accreditata sul conto della procedura al momento dell’apertura della busta, l’offerta verrà esclusa.

 

PREDISPOSIZIONE OFFERTA per la partecipazione alla vendita telematica è necessario cliccare sul pulsante “crea nuova busta” sul portale www.spazioaste.it e procedere con la compilazione dei moduli inserendo tutte le informazioni richieste e caricando la documentazione necessaria:

Documento d’identità offerente
autorizzazione del Giudice Tutelare in caso di offerta presentata per conto di un minore;
permesso di soggiorno in corso di validità, in caso di offerta presentata da soggetto extracomunitario;
certificato CCIAA aggiornato (non più di 10 giorni), in caso di offerta presentata da società;
prova del pagamento del bollo virtuale da euro 16,00;
prova del versamento della cauzione.

Qualora l’offerta venga presentata da soggetto diverso dall’offerente (“presentatore”) si precisa che detto soggetto, può presentare una sola offerta per ogni lotto e per ogni tentativo di vendita.

INVIO OFFERTA a mezzo pec. Il sistema consente di scegliere fra le seguenti tre opzioni:

Opzione 1: “pec con attestazione in allegato” è necessario allegare l’attestazione dell’avvenuta identificazione da parte del Gestore di Pec rilasciata al soggetto proprietario della casella.
Opzione 2: “pec con attestazione in calce al messaggio”: l’attestazione di avvenuta identificazione del soggetto proprietario della casella pec è automaticamente inserita in calce nel messaggio di posta elettronica certificata. È necessario verificare con il proprio fornitore di PEC la presenza di tale attestazione all’interno del messaggio.
Opzione 3: “Pec + firma digitale” è necessario procedere sottoscrivendo digitalmente tutta la documentazione allegata alla busta.

Se l’operazione di firma della documentazione è andata a buon fine viene visualizzato il messaggio “la documentazione è stata caricata e firmata con successo”. Per completare l’invio della propria offerta di partecipazione alla vendita sarà necessario cliccare sul pulsante “Genera e invia la busta”.

APERTURA BUSTE da parte del professionista delegato nel giorno e all’ora indicati nell’avviso di vendita. Gli offerenti hanno la possibilità die verificare in tempo reale la validità della propria busta tramite l’aggiornamento automatico dello stato e dell’esito dell’esame dell’offerta.

Dopo la verifica delle buste viene aperta la gara telematica durante la quale è possibile effettuare i rilanci al fine di risultare il miglior offerente e potersi aggiudicare il bene posto in asta.

Allo scadere del tempo, se non ci saranno offerte migliorative rispetto all’ultima pervenuta, si concluderà l’asta. Lo stato della procedura di vendita segnerà la dicitura “Terminata” identificando a video il “miglior offerente”

 

PAGAMENTO del prezzo offerto in caso di aggiudicazione. All’esito dell’asta il professionista delegato provvederà a mettersi in contatto con l’aggiudicatario per tutte le informazioni relative al pagamento del saldo prezzo (differenza fra il prezzo offerto e la cauzione che viene trattenuta sul conto corrente della procedura). Tale pagamento dovrà avvenire nel termine massimo di 120 giorni dall’aggiudicazione e potrà essere eseguito anche mediante contratto di finanziamento che preveda il versamento diretto delle somme erogate in favore della procedura con accesso a un contratto di finanziamento o subentro nel contratto di finanziamento originariamente stipulato dal debitore esecutato.

Oltre al prezzo offerto devono essere considerati le seguenti spese:

imposta di registro o imposta sul valore aggiunto ove dovuta;
imposte ipotecarie e catastali;
50% compenso spettante al professionista delegato per la fase di trasferimento del bene (compreso fra 500,00 e 1.000,00 oltre accessori di legge).

 

IMMISSIONE NEL POSSESSO DELL’IMMOBILE mediante consegna delle chiavi da parte del custode, dopo l’apposizione della firma al decreto di trasferimento da parte del Giudice dell’esecuzione (indicativamente non oltre 30 giorni dal pagamento del saldo prezzo)

 

POSSIBILITA’ DI ASSISTERE ALLA GARA: secondo le indicazioni offerte dal Tribunale di Firenze la partecipazione alle operazioni di vendita potrà essere autorizzata esclusivamente al debitore, ai creditori ed agli eventuali comproprietari dell’immobile.

 

 

Approfondimenti

In vigore l’obbligo di utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedure di gara

Dal 18 ottobre 2018 è entrato in vigore l’obbligo di utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedura di gara.

Tutte le “comunicazioni e gli scambi di informazioni” inerenti le procedure di affidamento di appalti pubblici devono svolgersi – salvo alcune eccezioni – in formato interamente elettronico ai sensi dell’art. 40, comma 2, d.lgs. 50/2016 (cd. Codice Appalti) a decorrere dal 18 ottobre 2018, termine ultimo fissato all’art. 22 della Direttiva 2014/24/UE.

Con il termine “comunicazioni” la direttiva comunitaria intende comprendere gran parte dell’intera procedura di gara, compresa la presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte che devono essere realizzate nelle modalità individuate all’art. 52 del Codice Appalti e dal Codice dell’Amministrazione Digitale.

La procedura elettronica deve essere conciliata con l’obbligo per la Stazione Appaltante di garantire “che l’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione siano mantenute” e di esaminare “il contenuto delle offerte e delle domande di partecipazione soltanto dopo la scadenza del termine stabilito per la loro presentazione” (art. 52 c. 5 Codice Appalti).

Il dubbio che rimane, dunque, è se la Posta Elettronica Certificata sia uno strumento sufficiente ad ottemperare agli obblighi di legge, oppure se occorra l’utilizzo di specifiche piattaforme elettroniche per la gestione della gara in modalità e-procurement.

Le stazioni appaltanti si stanno orientando verso l’acquisto di sistemi informatici che permettono la gestione delle offerte pervenute tramite pec mediante uno specifico sistema di blocco che consente l’apertura delle stesse soltanto alla data e all’ora indicata nella lex specialis.

La stazione appaltante può comunque utilizzare le modalità cartacee laddove l’utilizzo di mezzi di comunicazione elettronici richieda un aggravio eccessivo per l’ente stesso. In buona sostanza, trattasi di tutti quei casi in cui la comunicazione assuma un formato elettronico non comunemente disponibile per le stazioni appaltanti o i documenti di gara richiedano la presentazione di un modello fisico o in scala ridotta che non può essere trasmesso per mezzo di strumenti elettronici. Restano inoltre escluse le fattispecie in cui l’uso di mezzi di comunicazione diversi dai mezzi elettronici è necessario per ragioni di sicurezza e per la protezione di informazioni di natura particolarmente sensibile.

Dallo stesso 18 ottobre, il DGUE dovrà essere predisposto esclusivamente in conformità alle regole tecniche che saranno emanate da AgID ai sensi dell’art. 58 comma 10 del Codice dei contratti pubblici. Per tutte le procedure di gara bandite a partire dal 18 ottobre, eventuali DGUE di formati diversi da quello definito dalle citate regole tecniche saranno considerati quale documentazione illustrativa a supporto.

È necessario, in questo quadro normativo, tenere presente che le disposizioni di spending review prevedono, per le stazioni appaltanti che sono pubbliche amministrazioni, l’utilizzo di strumenti elettronici per importi superiori a € 1.000. Tale norma è certamente speciale rispetto all’art. 37 del codice appalti, il quale, invece, prevede procedure elettroniche per importi superiori a 40.000 euro.

In definitiva e riassumendo, gli strumenti elettronici si applicano come segue:

Stazioni Appaltanti che sono pubbliche amministrazioni: procedure elettroniche per importi > 1.000 euro;
Stazioni Appaltanti che non sono pubbliche amministrazioni: procedure elettroniche per importi > 40.000 euro.

Per quanto concerne, invece, gli operatori economici, gli stessi devono adeguarsi alle condizioni stabilite dalla legge di gara: pertanto, se la stazione appaltante utilizza dei gestionali telematici, l’offerta verrà presentata inviando una pec al sistema di gestione, che autonomamente garantirà la segretezza dell’offerta e la sua apertura al momento della seduta pubblica, senza doversi munire di alcuna piattaforma o sistema gestionale.

Approfondimenti

Coworking: attivo il bando della regione Toscana per i coworkers

Il coworking è una forma di condivisione degli spazi di lavoro sempre più diffusa, non soltanto tra i liberi professionisti e le start up, ma anche per i lavoratori dipendenti, in considerazione dello sviluppo e della diffusione della legge che disciplina lo smart working.

La Regione Toscana si è resa parte attiva nella fase di crescita di tale istituto, attraverso la costituzione di un elenco qualificato di soggetti fornitori di coworking in Toscana (aggiornato da ultimo con Decreto Dirigenziale n. 6293 del 12 maggio 2017 ) e prevedendo l’erogazione di contributi fino a 3.500,00 euro per coloro che intendono fruire dello spazio di coworking, con l’approvazione dell’Avviso per l’assegnazione di voucher a supporto dell’auto imprenditorialità e del lavoro autonomo attraverso l’accesso agli spazi di coworking di cui all’elenco qualificato regionale per le annualità 2018, 2019 e 2020, la cui prossima finestra per presentare la domanda sarà aperta tra il 1 ed il 31 dicembre 2018.

E’ pertanto opportuno fornire un breve inquadramento della fattispecie con un esame delle principali criticità da tenere presenti quando si procede alla stipula di un contratto di coworking.

Il coworking presenta VANTAGGI per entrambe le parti: sia per il concedente, i cui benefici sono di natura economica, in quanto con tale modalità di concessione dell’immobile si trae un maggior profitto rispetto alla semplice locazione, che per gli utilizzatori i quali possono beneficiare di una struttura funzionale e completa per dare avvio alla propria attività senza dover reperire un immobile ad uso ufficio che rispetti le norme di sicurezza di cui al d.lgs. 81/2008 e senza sostenere i costi dell’investimento iniziale.

L’OGGETTO del contratto è la messa a disposizione ed il godimento di una postazione di lavoro, per un arco temporale prestabilito e previo pagamento di un canone. È un contratto atipico, pertanto, mantenendo fermi i principi generali della disciplina codicistica dei contratti, le parti sono libere di disciplinarne il contenuto nei suoi elementi caratterizzanti:

– tipologie di postazioni: “ad uso continuativo”, “ad uso sporadico”, “per utilizzo uffici indipendenti”, “per utilizzo sala riunioni”, “per utilizzo aule di formazione”;

 

– attrezzature e servizi offerti: utilizzo della rete internet, fotocopiatrice, scanner, sala riunioni, luce, riscaldamento, acqua e generalmente anche la pulizia dello spazio e l’eventuale segreteria;

 

– orario: l’utilizzatore può utilizzare gli spazi senza limiti di tempo, sia nei giorni lavorativi che festivi, oppure pattuire specificatamente i limiti di tempo individuando orari e giorni specifici;

 

– durata: liberamente determinabile, in quanto non vi sono vincoli di durata, con specificazione delle modalità di recesso e di eventuale rinnovo tacito;

 

– prezzo: il corrispettivo deve essere indicato in forma scritta, come le modalità ed i termini di pagamento e può essere disciplinato mediante pattuizione di un canone mensile oppure previsto a consumo attraverso l’installazione di contatori e tessere magnetiche che registrano l’effettivo uso dei servizi da parte di ciascun utilizzatore.

Può essere previsto un deposito cauzionale a carico dell’utilizzatore, generalmente predeterminato in un ammontare pari al corrispettivo dovuto per una mensilità, con l’obbiettivo di risarcire il concedente da eventuali danni all’uso delle strumentazioni e degli ambienti.

 

– responsabilità, non sussistendo alcuna normativa ad hoc, si raccomanda di procedere ad una regolamentazione dettagliata di tale aspetto, al fine di prevenire l’insorgere di controversie, tenendo sempre presente che entrambe le parti contrattuali sono tenute al rispetto dell’art. 1176 c.c. che richiede la diligenza del buon padre di famiglia nell’adempimento delle obbligazioni.

L’obbligo del concedente è quello di garantire l’accesso ai locali e la funzionalità delle attrezzature individuate nel contratto, mentre l’utilizzatore è responsabile per tutti quei comportamenti contrari ai codici di condotta contrattuali e risponde dei danni arrecati alle strumentazioni ed ai locali.

La parte che è più a rischio è sicuramente il concedente in quanto la messa a disposizione di spazi ed attrezzature di terzi, potrebbe essere soggetta a danni per negligenza e furti. Si esclude invece la responsabilità per il furto o lo smarrimento di oggetti appartenenti al professionista e lasciati sulla scrivania o negli armadietti. Ecco perché in caso di contratto di coworking è caldamente consigliato l’utilizzo di badge nominali per l’accesso in modo da identificare chi e quando, accede allo spazio, tale formula tutela sia il concedente che gli utilizzatori.