La disciplina generale del contratto a tempo determinato
Il contratto a termine è disciplinato dal d. lgs. n. 81/2015, come modificato dal D. Dignità e costituisce un’eccezione al modello generale rappresentato dal contratto di lavoro a tempo indeterminato. Proprio in ragione della sua natura eccezionale rispetto al modello comune è sottoposto ad una serie di condizioni e requisiti di legittimità, divenute oggetto di numerosi interventi e successive modifiche legislative orientati ad una maggiore o minore restrizione a seconda della finalità perseguita di riduzione della precarietà ovvero di maggiore flessibilizzazione del mercato del lavoro.
Le regole generali attualmente in vigore possono essere sintetizzate come segue:
- La durata del contratto di lavoro a tempo determinato “a-causale”, ovvero non sorretto da alcune ragione giustificatrice della temporaneità, non può essere superiore ai 12 mesi.
- Al superamento dei 12 mesi, il contratto può essere prorogato o rinnovato fino ad una durata massima di 24 mesi solo in presenza di determinate causali, tassativamente indicate dalla legge e consistenti in:
- Esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività;
- Ragioni sostitutive;
- Esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria;
- In ogni caso il numero di proroghe consentite entro i 24 mesi non può essere superiore a 4, indipendentemente dal numero dei rinnovi.
- Nelle ipotesi di rinnovo è necessario che trascorra un lasso di tempo tra i due contratti a termine, stipulati tra le stesse parti contrattuali:
- intervallo di 10 giorni se la durata del primo contratto è inferiore ai 6 mesi;
- intervallo di 20 giorni se la durata del primo contratto è superiore ai 6 mesi.
- Il mancato rispetto delle disposizioni in ordine alla durata e al numero massimo delle proroghe determina la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.
- Ciascun datore di lavoro è consentito stipulare un numero complessivo di contratti a tempo determinato non superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato
- Per le ipotesi di violazione del limite percentuale, è prevista soltanto una sanzione amministrativa– e non la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato a carico del datore di lavoro.
- È vietata l’assunzione o la proroga di lavoratori a tempo determinato presso unità produttive ove sono in corso sospensioni o riduzioni di orario in regime di integrazione salariale, che riguardano dipendenti adibiti a mansioni alle quali si riferisce il contratto a termine,
Ebbene, fin dall’inizio della crisi sanitaria determinata dalla pandemia da COVID -19, è emerso con tutta evidenza che la rigidità delle regole dettate in materia di contratti a termine avrebbe determinato come immediata conseguenza dell’incertezza economica, l’interruzione di tutti (o quasi) i rapporti di lavoro a termine che fossero giunti alla loro naturale scadenza durante o immediatamente dopo i mesi dell’emergenza sanitaria.
Il Governo è, dunque, intervenuto al fine di tutelare i posti di lavoro dei dipendenti a tempo determinato prevedendo, prima nella L. Di Conversione del decreto “cura Italia” (Legge 27/2020) e successivamente nel recente decreto “Rilancio” (D.L. 34/2020), alcune disposizioni derogatorie delle regole generali sopra ripercorse.
Le deroghe previste dal Decreto “Cura Italia”e dal Decreto “Rilancio”
L’art. 19 bis della L. di conversione del D.L. 18/2020 Cura Italia (che nulla aveva previsto in materia) prevede una prima importante norma in deroga a tre regole generali previste dal D. lgs n. 81/2015 stabilendo:
- La possibilità di prorogare e rinnovare contratti a tempo determinato nel periodo in cui l’azienda ha in atto una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, in deroga all’art. 20, comma 1, lettera c)che – come sopra detto – vieta l’apposizione di un termine al contratto di lavoro qualora l’azienda abbia attivo, nelle medesime unità produttive, un ammortizzatore sociale.
- L’estensione di tale possibilità anche alle proroghe ed i rinnovi a termine di un lavoratore da parte di una Agenzia per il lavoro, a scopo di somministrazione, presso datori di lavoro che hanno in corso sospensioni o riduzioni di orario per i propri dipendenti che sono adibiti alle stesse mansioni ai quali si riferiscono i contratti di somministrazione
- È stato, inoltre, rimosso il vincolo che prevede, in caso di successivo rinnovo del contratto a termine con il medesimo lavoratore, l’obbligo di una “vacanza” contrattuale (anche detta “stop & go”) tra due rapporti a tempo determinato. In caso di successivi rinnovi, quindi, non dovrà essere rispettato lo stop di dieci giorni dalla scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero di venti giorni dalla data di scadenza di un contratto superiore ai sei mesi.
La seconda norma finalizzata al mantenimento dei rapporti di lavoro a termine è stata prevista dall’articolo 93, del decreto “Rilancio” (Decreto Legge n. 34/2020), introdotta, invero, per colmare un grave lacuna dei precedenti intervenuti governativi, i quali pur consentendo proroghe e rinnovi durante i periodi di sospensione o riduzione delle attività per Cassa Integrazione nulla aveva previsto in ordine alla necessità di rispettare l’obbligo di sussistenza delle causali giustificatrici, tassativamente indicate dalla legge.
- Con l’art 93 del D.L. Rilancio è stata, quindi, introdotta la possibilità, in deroga all’articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, di“rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020 anche in assenza delle condizioni introdotte dal decreto “Dignità” e quindi senza l’apposizione delle specifiche causali.
Su questo punto si segnala che erano sorte perplessità sull’interpretazione del testo normativo perché non era chiaro se il termine del 30 agosto si riferisse alla data di inizio o di conclusione del rinnovo o proroga contrattuale. Il ministero del lavoro in una faq dei giorni scorsi ha fornito una interpretazione restrittiva stabilendo che i contratti in essere possono avere durata rinnovata o prorogata fino al 30 agosto.
- Un’ulteriore novità riguarda, inoltre, il lavoro agricolo,venendo stabilita la possibilità per i percettori di ammortizzatori sociali a zero ore, solo per il periodo di sospensione dalla prestazione lavorativa a zero ore, i percettori di indennità di disoccupazione NASPI e DIS-COLL e i percettori di Reddito di cittadinanza, di stipulare con datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine non superiori a 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza subire la perdita o la riduzione dei benefici a carico dell’INPS, nel limite di 2000 euro per l’anno 2020.